Dal 2019 al 2025, il Taeg medio nazionale (Tasso annuo effettivo globale) sui prestiti è quasi raddoppiato, passando dal 2,34% al 4,77%. Eppure, in regioni come la Basilicata, i tassi applicati superano stabilmente la media, sfiorando il 5,65%. La conseguenza è che una piccola impresa lucana che richieda un prestito di 50mila euro per un periodo di cinque anni paga fino a 30mila euro in più di interessi rispetto a una realtà simile in Val d’Aosta, dove il Taeg medio è molto più basso. Giuseppe Bruno, presidente della sezione lucana di Confcooperative, parla di “disparità inaccettabile che blocca energie migliori dei nostri territori e condanna tante imprese al rischio di chiudere”. La Basilicata si colloca tra le regioni più penalizzate, insieme alla Calabria. Nel Mezzogiorno, il costo del denaro e la difficoltà di accesso al credito hanno effetti a catena: più difficile avviare nuove attività, più oneroso sostenere la liquidità aziendale, più alto il rischio di insolvenza. La situazione è aggravata anche dalla progressiva desertificazione bancaria: in Basilicata ci sono ormai pochissimi sportelli. Secondo i dati di First Cisl, oltre 5.100 lucani non hanno una sede bancaria nel proprio Comune. Negli ultimi 12 mesi sono stati chiusi 750 sportelli in Italia e la Basilicata è la quarta regione con il minor numero di filiali in rapporto alla popolazione. Gli osservatori denunciano che questa combinazione di fattori – tassi record, scarsa presenza fisica delle banche, accesso al credito sempre più selettivo – rischia di accentuare il divario con il Centro-Nord e di soffocare la ripresa delle piccole attività. “Occorrono misure straordinarie – spiega Confcooperative – per riequilibrare il sistema, sostenere il credito alle imprese e tutelare le comunità locali.” Nel frattempo, però, il quadro resta preoccupante: il costo di un prestito per un’impresa lucana è destinato a pesare sempre di più e a trasformarsi in un fattore di marginalizzazione economica e sociale.
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