Maurizio Landini: “Il governo tassi rendite e profitti”


«I sostegni vanno dati anche ai lavoratori, non solo alle imprese» e per reperire le risorse «bisogna tassare big tech, rendite e profitti, non certo togliere soldi al Pnrr o ai fondi di coesione» sostiene Maurizio Landini. Il segretario Cgil annuncia una doppia mobilitazione, a livello europeo contro le politiche di austerità della Commissione; e a livello nazionale, per continuare la battaglia dei referendum – che ha ottenuto l’appoggio di 13 milioni di voti ed il quorum tra i giovani, ci tiene a sottolineare – e rilanciare così la questione sociale, la difesa dei salari, la lotta alla precarietà ed ai contratti pirata.

Segretario partiamo dai dazi: che cosa ne pensa dell’accordo, ammesso che si possa definire tale?
«Una trattativa non c’è mai stata. In realtà quello dell’Europa è stato un cedimento pericoloso, sia per quello che ci hanno imposto Stati Uniti, sia perché in questo modo è messo in discussione anche il ruolo stesso dell’Europa e la sua possibilità di affermare un diverso modello politico, economico e sociale».

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Cosa non va?
«Non solo ci portiamo a casa i dazi del 15%, che tra l’altro si sommano ad una forte svalutazione del dollaro, ma abbiamo anche l’obbligo di comprare il loro gas, senza sapere ancora quale sarà il prezzo e la quantità, e quindi con un rischio di peggioramento dei costi dell’energia per imprese e famiglie. E poi, addirittura, c’è un vincolo per cui si dovrebbero investire un sacco di soldi negli Stati Uniti, che poi vuol solo dire delocalizzare produzioni verso gli Usa. Oltre a questo abbiamo accettato di togliere la minimum tax e di esentare dalle tasse i loro servizi digitali ed in più, assieme al resto dell’Europa, abbiamo anche accettato di aumentare le spese per la difesa fino al 5% del Pil impegnandoci a a comprare armi da loro. In pratica è l’esatto contrario di quello che servirebbe all’Europa».

Perchè l’Europa sbaglia strada?
«Perché dovrebbe rilanciare i propri investimenti, sul terreno delle produzioni e delle tecnologie, mentre aumentando la spesa per le armi si colpiscono salari e pensioni, si taglia la spesa sociale aumentando così in Europa e in Italia le diseguaglianze».

Il Pil del secondo trimestre a causa della frenata dell’export in corso è già negativo. Rischiamo la recessione?
«Io non sono un economista, però segnalo che in Italia da 26 mesi registriamo un calo della produzione industriale. Ed ora queste scelte dell’Europa, prese anche col consenso del governo italiano, che per i prossimi 7 anni si è già impegnato a ridurre la spesa sociale, stanno aumentando l’incertezza, mettono a rischio fatturati e produzione delle imprese. Questo pone un problema serio anche per i lavoratori che rischiamo cassa integrazione, calo dei salari e dei posti di lavoro».

Il presidente di Confindustria dice siamo in emergenza e chiede sostegni immediati per le imprese. E’ d’accordo?
«A Confindustria l’abbiamo già detto chiaramente: non ci possono essere sostegni a pioggia, perché non tutti perdono fatturato, e dall’altra parte non ci può essere sostegno solo alle imprese perché occorre sostenere anche i lavoratori, il loro reddito e l’occupazione».

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Ma sostenere le imprese non significa evitare la cassa integrazione e salvare posti di lavoro?
«Allora, come col Covid, va preso l’impegno di bloccare i licenziamenti e va prevista una integrazione al reddito per chi finisce in cassa integrazione e strumenti per accompagnare la transizione come la formazione in orario di lavoro. E soprattutto si trovi il modo di rilanciare gli investimenti, compresi quelli privati, magari adottando bond e strumenti particolari utili a trattenere il risparmio degli italiani che invece, come ha spiegato di recente di governatore della Banca d’Italia, in larga parte finisce proprio negli Usa».

Il governo lavora ad un piano da 25 miliardi recuperati grazie alla revisione del Pnrr. E’ fattibile?
«No, le risorse non vanno tolte né dal Pnrr né dai Fondi di coesione: questi fondi devono servire per fare quegli investimenti in infrastrutture, per lo sviluppo produttivo e per superare quelle differenze territoriali che ci sono».

Dove si trovano allora i soldi?
«Io ho trovato folle che l’Europa, prima ancora di iniziare a discutere dei dazi con Trump, avesse già accettato di non tassare le Big tech. Nel momento in cui aumentano i profitti delle multinazionali non è possibile continuare ad avere paradisi fiscali caricando tutto il peso del fisco solo su lavoratori dipendenti e pensionati».

A proposito di Confindustria, assieme a Cisl e Uil siete tornati a incontrarvi.
«Il confronto Confindustria è molto importante, perché tocca temi come le politiche industriali, il lavoro, la salute e sicurezza, e soprattutto affronta il problema della rappresentanza inteso come diritto delle lavoratrici e dei lavoratori a votare i propri rappresentanti e validare gli accordi che li riguardano, a certificare la rappresentanza e a cancellare in questo modo i contratti pirata. Nelle prossime settimane lo apriremo anche con tutte le altre associazioni imprenditoriali perché vogliamo raggiungere accordi sulla rappresentanza e perché pensiamo che sia importante arrivare ad ottenere un sostegno legislativo in modo da dare valore generale ai contratti nazionali».

Perché tornate a mobilitarvi?
«Nei prossimi giorni discuteremo col sindacato europeo per arrivare ad una mobilitazione di tutti i sindacati in Europa perché c’è bisogno di contrastare la politica d’austerità della Commissione. A partire dal no al riarmo è poi il momento che il mondo del lavoro indichi con forza una prospettiva che porti alla ricostruzione di una pace vera, fermando quell’enorme tragedia in corso a Gaza contro il popolo palestinese e l’aggressione in corso contro il popolo ucraino. In Italia, invece, c’è bisogno che il nostro governo non sia semplicemente succube o spettatore di scelte che vengono fatte da altre parti ma che, a partire da una vera riforma fiscale, affronti il problema del reddito, l’aumento dei salari e la tutela delle pensioni, agevoli in rinnovo dei contratti e si faccia carico degli investimenti che servono a scuola, sanità pubblica e non autosufficienza e allo stesso tempo contrasti la precarietà, attraverso il superamento degli appalti al massimo ribasso».

C’è chi continua a sostenere che tutto questo sia funzionale ad una sua discesa in politica…
«L’assemblea generale della Cgil, che il nostro massimo organismo dirigente, ha deciso quasi all’unanimità che il nostro prossimo congresso si concluderà dopo le elezioni politiche del 2027. In modo che sia chiaro a tutti che io non sono disponibile a nessuna candidatura perché intendo completare il mio pieno mandato di segretario generale della Cgil. Lo ripeto: quello che la Cgil ha fatto sinora e che farà in futuro ha un unico obiettivo, quello di dare tutele garanzie e voce a chi oggi non ce l’ha, lavoratori, lavoratrici, giovani e donne. Non altro. Basta con le strumentalizzazioni contro il più grande sindacato confederale di questo Paese».



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