Olimpiadi Milano-Cortina 2026: imprese a secco, cantieri realizzati ma nessuno paga


Mentre l’Italia si prepara a ospitare le Olimpiadi Invernali di Milano-Cortina 2026, dietro le quinte si consuma una vicenda che getta un’ombra pesante sull’organizzazione dell’evento. Sei imprenditori lombardi, coinvolti nei lavori per le infrastrutture olimpiche, hanno firmato una lettera aperta con cui denunciano un paradosso ormai insostenibile: le imprese che stanno realizzando i cantieri non vengono pagate. Un’accusa importante, che mette in discussione l’intero impianto gestionale dei Giochi.

La posizione delle aziende

Le aziende denunciano di aver già portato avanti opere concrete, alcune delle quali completamente terminate, senza ricevere alcun compenso. Una situazione che rischia di mandare in crisi imprese sane, che hanno creduto nell’opportunità rappresentata dai Giochi e che, per questo, hanno investito capitali propri, assumendosi il rischio di anticipare risorse nella convinzione che i pagamenti sarebbero stati regolari. Così però non è stato.

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La responsabilità dei lavori

Secondo i firmatari, nella lettera riportata su Il Sole 24 Ore, la responsabilità principale ricadrebbe su SIMICO, la Società Infrastrutture Milano Cortina 2020-2026, partecipata dal Ministero dell’Economia e incaricata di gestire le gare d’appalto e la realizzazione delle opere olimpiche. SIMICO rappresenta, di fatto, la stazione appaltante di riferimento per i cantieri e dovrebbe garantire la regolarità amministrativa e finanziaria degli interventi. Tuttavia, nonostante la presenza di contratti sottoscritti, molte imprese si sono trovate costrette a procedere con i lavori senza ricevere i pagamenti pattuiti.

Il Pnrr

La questione si fa ancora più grave se si considera che numerosi interventi risultano coperti da fondi pubblici, compresi quelli del Pnrr. Sorge dunque spontanea una domanda: come può accadere che opere coperte da risorse statali, già stanziate e vincolate, non siano ancora state saldate a chi le ha materialmente realizzate? Le imprese, che oggi rischiano la chiusura o devono affrontare pesanti difficoltà economiche, si chiedono perché siano costrette a finanziare i lavori di tasca propria, in assenza di risposte concrete dalle istituzioni.

La via istituzionale

Prima di arrivare alla pubblicazione della lettera aperta, gli imprenditori hanno tentato la via istituzionale. Hanno inviato comunicazioni ufficiali tramite PEC a SIMICO, hanno coinvolto il Responsabile Unico del Procedimento, l’ANAC, il Consiglio dei Lavori Pubblici, la Regione Lombardia, la Provincia Autonoma di Trento e Bolzano. Il 1° luglio 2025 è stata inviata una richiesta formale, che sollecitava un aggiornamento sulla situazione e un chiarimento rispetto alla regolarità dei pagamenti. Tuttavia, a oggi, non è pervenuta alcuna risposta.

Il clima di incertezza

In questo clima di incertezza, la mancanza di trasparenza alimenta il sospetto che le istituzioni stiano sottovalutando il problema. La vicenda è emblematica di un sistema che, ancora una volta, appare incapace di tutelare chi lavora, costruisce e rischia in prima persona. L’esempio più evidente di questa situazione è il parcheggio del Mottolino a Livigno, un’opera appaltata proprio da SIMICO e conclusa da tempo, ma per la quale la maggior parte delle imprese coinvolte non ha visto un euro. Alcune hanno ricevuto solo pagamenti parziali, altre ancora nulla.

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Il rispetto di regole minime

Gli imprenditori non chiedono favori, né sussidi. Rivendicano il rispetto di regole minime: eseguire un lavoro, essere pagati per quel lavoro. Il loro appello è chiaro e diretto. Se i contratti sono regolarmente sottoscritti, se i fondi sono stanziati e le opere sono state eseguite, non ci sono scuse accettabili per giustificare la mancata liquidazione. È inaccettabile, sostengono, che un evento che dovrebbe rappresentare il meglio dell’Italia finisca per generare situazioni di incertezza economica e istituzionale così gravi.

Gli importi in gioco

A rendere ancora più concreto il quadro della denuncia sono gli importi in gioco. Michele Defrancesco, titolare di Tecnoperforazioni Srl, vanta un credito di cinquecentomila euro. Max Merigo, alla guida di M@xol Srl, attende quattrocentonovantacinquemila euro. Gianluca Colli, con Pergo Srl, è in attesa di duecentomila euro. Anna Piazza, per Gua-Pri 5B, ha crediti per centoquarantamila euro. Stefano Domenighini, con GeoAlpi Srl, ne aspetta novantamila. Giulio Borelli, di Fondamenta Spa, è anch’egli tra i firmatari, anche se non ha indicato l’importo.

La speranza degli imprenditori

Questa lettera, pubblica e condivisa, come spiegano gli imprenditori, rappresenta l’ultimo tentativo di farsi ascoltare. I firmatari confidano che il Ministro delle Infrastrutture voglia prendere in carico il dossier e ripristinare, almeno in parte, la fiducia di chi ha creduto in un progetto così grande. Il rischio è che, se nulla cambierà, l’Italia si presenterà all’appuntamento olimpico non solo con nuove strade e parcheggi, ma anche con contenziosi legali, imprese al collasso e una reputazione macchiata proprio là dove si doveva mostrare il volto dell’efficienza e della serietà.



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