«Rischio crisi occupazionale per i frontalieri»


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Il nuovo ordine esecutivo firmato da Donald Trump ha aperto un fronte commerciale inedito tra Stati Uniti e Svizzera, introducendo dazi fino al 39% sulle esportazioni elvetiche, in particolare nei settori farmaceutico, tecnologico e manifatturiero.

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Una misura che, secondo il governo di Berna, è da considerarsi “inaspettata e sproporzionata” e che entrerà in vigore a partire dal 7 agosto, con effetti potenzialmente devastanti per l’economia svizzera e per i territori italiani di confine, in particolare il Luinese e la provincia di Varese.

Il Canton Ticino, con le sue aziende fortemente orientate all’export, rischia di trasformarsi nell’epicentro della crisi. Nel solo cantone lavorano oggi oltre 70.000 frontalieri italiani, molti dei quali impiegati proprio nei comparti colpiti dai nuovi dazi: farmaceutico, chimico, meccanico di precisione, logistica e tecnologie industriali.

L’impatto atteso per il territorio del Luinese è significativo. Le aziende svizzere esportatrici potrebbero ricorrere a una riduzione delle ore lavorative o a tagli occupazionali, colpendo in primo luogo i frontalieri. A cascata, si prevede un effetto domino sull’indotto italiano, con calo dei consumi, difficoltà per i servizi e un possibile aumento delle richieste di sostegno sociale ai Comuni dell’area.

Il ritorno forzato di centinaia – se non migliaia – di lavoratori sul mercato del lavoro italiano, in caso di contratti sospesi o non rinnovati, potrebbe esercitare una forte pressione sui servizi pubblici e sul welfare locale, già messo alla prova da anni di instabilità economica e precarietà.

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Tra le aziende più esposte ci sono colossi come Roche, Novartis, Lindt e Swatch, ma anche molte PMI ticinesi della filiera industriale, fortemente dipendenti dal mercato statunitense. Il nuovo scenario commerciale potrebbe portare alcune imprese a rallentare la produzione o a rivedere l’organico, partendo dai contratti a termine e dai fornitori esterni, tra cui molti italiani.

Il Luinese affronta questa nuova crisi in un contesto già fragile. Negli ultimi anni, il territorio ha vissuto le tensioni legate alla “tassa sulla salute” per i frontalieri, agli effetti della crisi energetica e dell’inflazione, all’aumento del pendolarismo verso la Svizzera e al persistente disallineamento tra domanda e offerta di lavoro a livello locale.

L’introduzione dei dazi USA rischia ora di aggravare ulteriormente questo quadro, alimentando frustrazione sociale, precarietà diffusa e tensioni politiche in una zona che vive quotidianamente di equilibri economici e umani transfrontalieri.

In questo scenario, urge un piano d’emergenza tra Italia e Svizzera, con l’apertura di tavoli di crisi bilaterali, il coinvolgimento di Regioni e Cantoni e la definizione di misure straordinarie per il reinserimento professionale e il supporto ai lavoratori colpiti.

Serve inoltre un dialogo diretto tra istituzioni, aziende e sindacati per affrontare con rapidità ed effica





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