Fare impresa: i giovani genovesi chiedono più formazione e bandi accessibili


Non è facile essere imprenditori, non è facile esserlo in Liguria e a Genova e non è facile quando si è giovani e ci si crea la propria strada dal niente o si subentra ai propri genitori. La formazione, quella vera, pratica, che ti insegna a ottimizzare i processi aziendali, a capire come gestire la tua impresa anche nei momenti di crisi, è al primo posto di ciò che serve a un giovane imprenditore per portare avanti la propria azienda. È quanto emerge dalle dichiarazioni di chi impresa la fa tutti i giorni a diversi livelli.

Jacopo Callà

Le principali difficoltà rilevate dagli imprenditori riguardano il “bagno di realtà” quando ci si trova a gestire l’azienda e le difficoltà legate ai bandi.

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«Spesso sono opportunità che si scoprono in ritardo − afferma Jacopo Callà, presidente del Giovani Imprenditori di Confindustria Genova − come associazione abbiamo creato lo startup desk e fatto un lavoro di mappatura delle occasioni sul territorio per fornire un opuscolo con tutto quello che serve. Poi forniamo un servizio di valutazione dell’idea, elenchiamo i punti di forza e di debolezza».

Alta formazione e allenamento della mentalità: così “diventa grandi”

Chi ha provato sulla propria pelle la mancanza di formazione, ma ha sopperito stringendo i denti e ora ne raccoglie i frutti sono Federico Mazzanti e Christian Stocchi, fondatori di Kroma Studio (specializzata in digital marketing) e Kroma Agency (specializzata nella selezione degli influencer per campagne promozionali): «Siamo partiti a Genova perché viviamo qui e anche il nostro bacino di clienti iniziale era in Liguria, poi ci siamo allargati anche un po’ in tutto il Nord Italia, ma non è stato facile. In Italia marketing e comunicazione sono ancora un valore non riconosciuto dalle imprese. A Milano è un’altra storia, invece. Il Covid ha velocizzato alcuni aspetti, ma quello che per noi è stata una vera sfida, oltre che capire come posizionarci e a che tipo di azienda rivolgerci, è stato imparare a fare impresa» racconta Mazzanti.

Christian Stocchi, Federico Mazzanti

«Abbiamo sbagliato tutto quello che potevamo sbagliare e continuiamo anche oggi. Negli Stati Uniti il fallimento è visto come un upgrade − aggiunge Stocchi − gli investitori sono più propensi a finanziarti perché immaginano che tu certi errori difficilmente li ripeterai».

Per emergere i due imprenditori hanno investito in formazione «con i top di livello mondiale − specifica Mazzanti − siamo stati negli Usa, da Anthony Robbins, e abbiamo capito che l’impresa è un percorso fatto di alti e bassi, quindi non bisogna aver paura di buttarsi. Si può sbattere la faccia, ma intanto ci si muove. Abbiamo imparato la gestione delle risorse interne, quella dei clienti, la gestione del flusso operativo, l’amministrazione, la gestione dei conti per lo Stato. Io provengo da economia, ho studiato diritto amministrativo, ma quando poi ci sei dentro è totalmente diverso. All’inizio ci siamo interfacciati con professionisti del settore, commercialisti, avvocati, revisori e contabili che sono stati un vero aiuto. Tante volte si pensa che prendere i professionisti che costano meno sia vantaggioso. In realtà no, è meglio pagare di più il professionista perché ti toglierà dei problemi alla lunga. I primi due anni sono stati difficilissimi perché noi siamo finiti in una turbina dove dovevamo imparare a fare il nostro lavoro al massimo, ma invece dovevamo concentrarci anche su tutta quest’altra parte».

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I due hanno avviato l’impresa solo con le loro forze. «Non stiamo vivendo con ansia questo percorso − dice Mazzanti − abbiamo comunque studiato tanto, siamo andati a fare dei workshop di controllo di gestione pur non essendoci per me niente di più noioso di quello. Siamo andati a cercare formatori verticali per salire di livello, perché oggi non esiste una scuola di imprenditoria. Il problema è italiano, principalmente. L’imprenditore ha tanta responsabilità, non ha orari, ma guadagna poco, in proporzione».

Nel corso di questi primi anni di attività Mazzanti e Stocchi si sono accorti di non saper controllare bene i costi, l’efficienza: «Non sapevamo dare valore ai nostri servizi, perché spesso si consideravano solo i costi materiali e non quelli indiretti ossia di struttura, di contributi, la formazione del personale, la ricerca del personale, i macchinari».

I bandi, secondo i due imprenditori, sono un ottimo sistema per poter riuscire a fare un investimento che altrimenti sarebbe difficile fare. «Occorre però affiancarsi a dei partner giusti − sottolinea Mazzanti − noi per esempio abbiamo una partnership con Tim 20 di Giovanni Satta, professore universitario. Grazie al bando della digitalizzazione abbiamo potuto fare degli investimenti interni che comunque ci hanno permesso di migliorare la qualità del nostro lavoro e dei nostri clienti. Il bando è complicatissimo e richiede una serie di requisiti che sono sempre più stringenti. Di solito il bando esce ogni due anni, nel 2026 saremo ancora più strutturati per partecipare».

Quale consiglio alla Regione Liguria?

Parlando con chi fa impresa tutti i giorni emergono alcuni nodi che agevolerebbero l’adesione ai bandi: «Il primo consiglio che darei alla regione è che quando escono questi bandi è di dare un po’ più di tempo − chiarisce Stocchi − magari l’imprenditore perde la comunicazione anticipata e quando il bando apre dura troppo poco. Quindi bisogna correre per poter richiedere un certo tipo di investimento. Quello è un fattore molto limitante».

L’altro elemento che emerge in modo abbastanza univoco è la difficoltà legata all’accesso e all’erogazione dei bandi: «I bandi di ricerca e sviluppo − sostiene Callà − hanno una rendicontazione puntigliosa e un’erogazione lenta. Come azienda partecipo ai bandi Esa (Callà è titolare di Jp Droni ndr) e l’approccio è completamente diverso e anche in Europa funziona così: “ti do soldi subito e tu mi dai i risultati”, qui invece gli erogatori sono timesheet dipendenti e sto parlando di parte tecnica e non finanziaria. Per esempio la mia azienda ha chiesto un anticipo per un progetto di cui ho invece ricevuto la prima tranche quando era già finito».

Sui bandi interviene anche Alessio Maloni, coordinatore di Confesercenti Giovani di Genova: «Chiediamo anche bandi più mirati e soprattutto non rivolti solo a creare nuove imprese. Per esempio il bando caruggi ha portato molti a tentare di aprire un’attività, ma le chiusure sono state parecchie. Ci vorrebbe maggior valorizzazione dell’esistente, i vecchi Patti d’area dell’allora assessore Piazza erano utili perché contrattavi l’affitto e rinnovavi l’impresa. Sono percorsi paralleli al nuovo».

Sempre in tema bandi Maloni evidenzia il limite per esempio del bando Cassa commercio: «È complicato, occorre far parte della rete fidi, si è obbligati a passare dalla banca anche se magari i soldi per l’investimento li si ha. Coi patti d’area il commerciante pagava e poi il comune rifondeva del 50% di quanto speso e fatto.

Anche l’accesso al credito è una materia complicata: «Quello che abbiamo fatto noi − racconta Stocchi − è riuscire a tra le nostre conoscenze trovare delle persone che lavoravano in banca per facilitare il percorso, che ci hanno dato dei consigli, ci hanno dato dei consigli su come presentarsi, su come diversificare il bilancio, su come creare un progetto da portare in banca, un business plan per ottenere dei finanziamenti e anche la nostra giovane età in alcuni periodi ha aiutato perché sono usciti negli anni delle promozioni, delle offerte particolari anche garantite dallo Stato».

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Alessio Piana, consigliere delegato allo Sviluppo economico della Regione Liguria, risponde: «Sostenere i giovani che vogliono fare impresa è una priorità concreta. Per garantire chiarezza e programmazione, siamo già alla terza edizione della Road Map Bandi, lo strumento con cui, ogni sei mesi, anticipiamo le misure in uscita: l’ultima, a fine giugno, con cui abbiamo presentato un booster da 80 milioni di euro da attivare entro l’anno. Sul fronte della semplificazione, grazie al lavoro regionale, oggi il sistema Bandi Online di Filse consente una gestione interamente digitale, con tempi di istruttoria ridotti del 75% e oltre 165 bandi gestiti per 120mila domande. Un modello riconosciuto a livello nazionale ed europeo, confermato in termini di efficacia anche dal primato della Liguria per spesa effettiva dei fondi FESR 2021-2027. È bene ricordare che alcuni vincoli – come i rimborsi o le garanzie – sono imposti dalla normativa europea. Ma il nostro impegno è quello di continuare a lavorare per rendere l’accesso alle misure sempre più semplice, chiaro e veloce».

Fare sistema e territorio attrattivo, elementi importanti

Della sezione giovani di Confindustria fanno parte un centinaio di aderenti e Callà non si nasconde: la concorrenza dei territori vicini è innegabile. «Io ho iniziato dieci anni fa con una startup e ci sono un paio di aspetti che occorre anche considerare: l’influenza milanese che rende più attrattivo su quel territorio la creazione di contatti e la concentrazione di capitali, ma è diverso anche il fare squadra. Qui è più difficile, per cui le istituzioni dovrebbero rendere il più possibile Genova attrattiva anche nelle piccole cose, è poco curata in tanti aspetti e la vivibilità ne risente. Le rinunce su servizi e qualità di vita influiscono». Per le imprese diventa così un problema anche trattenere le persone.

Callà comunque è ottimista: «Vedo un piccolo trend di inversione, i giovani si sono accorti che sono le pmi che devono fare squadra e fare impresa oggi è un atto fondamentale di senso civico. Le pmi rappresentano lo scheletro dell’Italia, distribuiscono ricchezza e diffondono cultura d’impresa, un aspetto che spesso l’Università lascia da parte».

Se noi dobbiamo dare dei consigli: formazione, organizzazione, allenamento del mindset.

Commercio, alta mortalità delle imprese giovanili

I dati relativi al commercio cosiddetto di vicinato non sono belli: soffrono di più le imprese femminili e quelle dei giovani a livello di mortalità.

Nei comparti strategici del commercio, della ricettività e della ristorazione, l’impresa giovanile è in caduta libera: se a livello nazionale, tra il 2019 e il 2024, sono scomparsi oltre 35.600 negozi, attività ricettive, bar e ristoranti guidati da under 35, con un calo del -22,9%, in Liguria il saldo delle imprese giovanili è negativo nell’ordine delle 901 unità, corrispondente in termini percentuali ad un -21,9% che è solo leggermente migliore del dato nazionale.

Una flessione nettamente più pronunciata di quella complessiva delle imprese (-7,2% dal 2019 in Italia, -5,8% in Liguria) e più che quadrupla rispetto alle attività guidate da over 35 (-5% in Italia e -4% in Liguria) nei tre settori considerati. È quanto emerge da un’analisi condotta da Confesercenti sui dati camerali delle imprese registrate nel commercio, nella ricettività e nei servizi di ristorazione e bar.

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Nel 2024, le imprese giovanili rappresentano ormai solo il 10% del totale su base nazionale, e appena l’8% in Liguria. Una quota in netto calo rispetto al 12,1% nazionale e 9,6% regionale del 2019, che conferma il ridimensionamento della presenza under 35 nel tessuto imprenditoriale italiano: a livello complessivo, considerando tutti i settori di attività della nostra economia, le imprese giovanili sparite negli ultimi cinque anni sono state poco più di 70 mila, di cui circa una su due proprio nel commercio, nel turismo e nella ristorazione.

Al calo di attività giovanili corrisponde un invecchiamento complessivo della popolazione imprenditoriale di commercio e turismo, con l’età media che in cinque anni è passata da 50 a poco più di 51 anni (51,3), un aumento di due punti percentuali circa. L’età media risulta più alta proprio in Liguria, con 54,1 anni, seguita da Valle d’Aosta (53,4 anni), Toscana e Friuli-Venezia Giulia (entrambe 53,1 anni).

A pesare un mercato sempre più competitivo, come conferma il tasso di mortalità delle imprese nei due comparti: più di un terzo (il 34,4%) di avviate nel 2019 ha cessato di esistere prima di compiere cinque anni di vita, il 43,1% nella ristorazione/servizio bar.

Alessio Maloni

«Il problema? − dice Alessio Maloni − servirebbero più percorsi di creazione d’impresa e formazione specifica finanziata. L’errore originario secondo me non è prevederlo alle superiori. Nessuno ti spiega le tasse, gli strumenti finanziari, l’Irpef, io ci ho messo anni prima di imparare a muovermi bene e ho un negozio di ottica, figuriamoci chi ha un’impresa più strutturata».

Sulla formazione, vera, seria, a livello finanziario ed economico, Maloni propone un ragionamento intercategoria come il Gruppo Giovani Riuniti che potrebbe essere vettore di questo.

Allenare la mentalità permette di superare la crisi

L’ultimo consiglio arriva da Mazzanti: «Negli ultimi tre anni io ogni giorno studio almeno tre ore. Tutti i giorni. Non solamente sul tema business, anche un po’ sulla mentalità che c’è dietro, perché comunque, quello che dico sempre e quello di cui sono fermamente convinto è che tanto il business quanto la vita sono fatti di momenti positivi e momenti negativi e io reputo che molte aziende falliscano e persone non ottengono successo non tanto perché sono incapaci o hanno le incapacità ma perché nel momento di difficoltà mollano. Le difficoltà, nel 98-99% dei casi, si sorpassano. A noi è successo l’anno scorso, ora le abbiamo risolte e siamo in un momento molto positivo. Jeff Bezos Il fondatore di Amazon che ha affermato che tutto lo stress non è dato dalle tante cose che hai da fare. Lo stress è dato da tu che non affronti le cose che hai da fare. Essere organizzati è molto importante. Oggi tutto sembra urgente e importantissimo, quando in realtà si potrebbe anche andare avanti non più piano, ma più organizzati».

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