Imprese femminili crescono ma restano fragili: Unioncamere segnala criticità su burocrazia e finanziamenti


In Italia ci sono oltre 1,3 milioni di imprese femminili, diffuse soprattutto nel Centro-Sud, ma con difficoltà nell’accesso a credito e incentivi. Unioncamere: far crescere l’empowerment economico femminile per contrastare la violenza di genere

In Italia ci sono oltre 1,3 milioni di imprese femminili, pari al 22,2% del totale: più giovani, più diffuse nel Centro-Sud, più presenti nei servizi e con una spiccata capacità di resilienza, anche se ancora penalizzate da difficoltà nell’accesso al credito e agli incentivi. A scattare la fotografia è Unioncamere, durante un’audizione alla Commissione bicamerale d’inchiesta sul femminicidio. Il messaggio è chiaro: più imprenditorialità femminile significa più autonomia, e quindi meno vulnerabilità a forme di violenzaeconomica.

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Imprese femminili: più piccole e con tassi di sopravvivenza inferiori

Le imprese guidate da donne crescono (+0,4% rispetto al 2014), ma restano mediamente più piccole e meno strutturate: il 60,5% è una ditta individuale, contro il 47,3% tra quelle maschili. I tassi di sopravvivenza sono leggermente più bassi: a 5 anni resta attivo il 72,3% contro il 77,3% delle aziende maschili, e il gap si amplia nel lungo periodo (67,5% vs 73,1%).

Accesso al credito e finanziamenti pubblici: gli ostacoli

Anche il rapporto con il sistema finanziario resta complicato: solo il 26,9% delle imprenditrici ha avviato l’attività con un prestito bancario, mentre tre su quattro hanno investito solo capitali personali o familiari. L’uso di strumenti alternativi (venture capital, business angel, crowdfunding) è marginale: meno dell’1%. Un’autonomia finanziaria forte, ma che può diventare un limite alla crescita.

Accesso difficile anche ai finanziamenti pubblici: una su tre segnala troppa burocrazia, e oltre il 10% lamenta tempi lunghi per ricevere le agevolazioni.

La Certificazione della parità di genere

Intanto decolla il progetto Pnrr sulla Certificazione della parità di genere nelle imprese, gestito da Unioncamere: le certificazioni rilasciate sono salite a 7.960, contro poco più di 100 nel 2022. Le domande presentate dalle Pmi sono 3.406. L’obiettivo? Favorire occupazione femminile, aumentare la competitività, ma anche rendere visibili e misurabili comportamenti virtuosi, ostacolando la persistenza di stereotipi e discriminazioni “invisibili”.

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“L’azione di formazione, informazione e mentoring portata avanti dal sistema camerale si configura come un fattore abilitante fondamentale per il successo dell’imprenditoria femminile”, ha sottolineato il vice segretario generale di Unioncamere, Tiziana Pompei. “Accompagnare le donne nel percorso imprenditoriale – dalla fase dell’idea fino alla crescita su mercati più ampi – significa non solo favorire lo sviluppo economico inclusivo, ma anche dotarle di strumenti di autodeterminazione. Ogni donna che riesce a creare e far prosperare la propria impresa diventa infatti più libera, più autonoma e meno vulnerabile a ricatti o violenze di natura economica. In quest’ottica, investire sulle donne che fanno impresa costituisce a tutti gli effetti una strategia di prevenzione della violenza di genere: promuovere l’empowerment economico femminile equivale a rimuovere alcuni dei presupposti che alimentano le disparità e possono sfociare in abusi”, ha concluso Pompei.



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