Private banking e pmi, relazione strategica per lo sviluppo italiano




Ultim’ora news 13 agosto ore 20

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Nell’attuale contesto, caratterizzato da trasformazioni rapide e da nuove sfide competitive, il sistema produttivo italiano si trova di fronte alla necessità di ripensare modelli organizzativi e strategie di crescita. Questo discorso vale in particolare per le pmi, che generano oltre l’85% del valore aggiunto e impiegano circa il 71% della forza lavoro.

Tuttavia, la loro produttività continua a risultare inferiore rispetto ai principali competitor europei. È una fragilità strutturale che chiama in causa, tra gli altri fattori, un modello finanziario improntato a prudenza e autosufficienza, dove dominano autofinanziamento e liquidità inutilizzata, a scapito dell’innovazione e della crescita per linee esterne.

Secondo una ricerca condotta da Aipb con Prometeia, il saldo finanziario delle imprese italiane è cresciuto costantemente dal 2000. Se da un lato questo evidenzia la solidità finanziaria del nostro tessuto imprenditoriale, dall’altro conferma una visione ancora fortemente orientata al breve termine che non favorisce la crescita dimensionale e l’apertura a strumenti innovativi di finanziamento e governance.

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La diversificazione del finanziamento e gli ostacoli culturali

Eppure la diversificazione delle fonti di finanziamento produce risultati tangibili. È ancora una ricerca di Prometeia per Aipb, che analizzando i bilanci di 800 pmi manifatturiere con una quota di finanziamento non bancario a lungo termine intorno al 30% (contro il 3% medio), ha evidenziato performance decisamente superiori. Tuttavia la consapevolezza del valore della diversificazione fatica a tradursi in azione. Vi sono barriere culturali e operative.

Secondo l’Osservatorio Aipb due imprenditori su tre si dichiarano disposti ad aprire parzialmente il capitale della propria impresa, ma incontrano difficoltà nel trovare soci «giusti». Strumenti come private equity, private debt o club deal rimangono marginali, anche per via della scarsa conoscenza. Permane inoltre una marcata preferenza per l’autofinanziamento, con liquidità spesso inattiva e non allocata strategicamente in progetti di sviluppo.

Questo atteggiamento conservativo si riflette anche nella gestione della continuità d’impresa: nel 50% dei casi si prevede un passaggio generazionale in ambito familiare e il 61% degli imprenditori non ha predisposto un piano per il «dopo di sé». Strumenti come Patto di Famiglia, holding o trust sono ancora poco diffusi.

Il ruolo strategico del private banking

In questo scenario, in cui le imprese necessitano di visione strategica e supporto professionale per strutturarsi e competere su scala internazionale, il private banking può assumere un ruolo chiave per il cliente imprenditore, contribuendo alla crescita e alla competitività del sistema produttivo italiano.

Una recente ricerca sul tema di Aipb con EY evidenzia come gli imprenditori costituiscano il 23% della clientela del private banking e rappresentino circa il 30% delle masse gestite. Ogni cliente imprenditore incontra in media il proprio private banker 14 volte l’anno.

Non si tratta di semplici aggiornamenti sull’andamento del portafoglio: si parla di azienda, famiglia e progetti personali, protezione dai rischi e passaggio generazionale. Ogni incontro può diventare l’occasione per rafforzare la consapevolezza del cliente sulla necessità di una governance evoluta, dell’apertura a nuovi strumenti e della pianificazione strategica.

Quattro direttrici d’azione per il supporto all’impresa

È su questa base che il private banking può evolvere a partner strategico per l’impresa, in grado di accompagnarla in tutte le fasi della sua vita lungo quattro direttrici d’azione: crescita, attivando nuovi percorsi di sviluppo, anche attraverso l’apertura del capitale, la ricerca di investitori o l’ingresso in club deal; finanza, affiancando l’imprenditore nell’adozione di strumenti alternativi al credito bancario, come private equity e private debt; governance, contribuendo alla strutturazione della leadership e degli assetti proprietari con strumenti evoluti; continuità, supportando una transizione generazionale consapevole e pianificata, grazie a soluzioni come holding di famiglia, patti di famiglia e trust. (riproduzione riservata)

*segretario generale
Associazione Italiana Private Banking

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