Come diventare installatore d’impianti? La guida completa


Con la corsa all’efficientamento energetico, la figura dell’installatore di impianti è diventata sempre più importante e diversificata in Italia. Si passa dal semplice idraulico alla società specializzata che, all’interno, presenta un team di consulenza per varie soluzioni tecnologiche, legate a doppio filo alla transizione energetica. Ecco dunque come avviare la professione e come funziona il settore nel nostro Paese.

Il mercato italiano dell’installazione di impianti, dopo il picco trainato dagli incentivi fiscali come il Superbonus, sta attraversando una fase di assestamento. I dati del rapporto CRESME indicano una contrazione significativa nel 2024. Per gli anni successivi si prevede una stabilizzazione, visto che gli incentivi sono stati confermati al ribasso, a eccezione di qualche iniziativa – come Conto termico 3.0 – che resiste ancora.

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L’Italia si posiziona come il secondo mercato europeo per l’impiantistica, con un valore di produzione di 92,3 miliardi di euro, superata solo dalla Germania. Emerge inoltre un dato apparentemente paradossale, che nonostante la riduzione del volume d’affari complessivo, il peso dell’impiantistica sul totale del settore delle costruzioni è in costante aumento, passato dal 25,9% del 2019 al 27,3% nel 2024.

La fine degli incentivi “a pioggia” ha ridotto il numero totale degli interventi, ma i progetti che rimangono richiedono impianti sempre più complessi, tecnologicamente avanzati e integrati. La domanda si sta spostando dalla quantità alla qualità, premiando non più il lavoro generico e di massa, ma la specializzazione tecnica di alto livello.

La spinta dell’innovazione

La transizione energetica è un processo irreversibile. Nonostante un fisiologico rallentamento delle installazioni residenziali legato alla fine degli incentivi e a una certa incertezza normativa, il settore delle rinnovabili continua a rappresentare un’opportunità strategica. La crescita è trainata in particolare dagli impianti fotovoltaici di grande taglia (utility-scale) e da quelli a servizio del settore commerciale e industriale (C&I). Parallelamente, la diffusione di pompe di calore e altri sistemi per l’efficienza energetica sostiene una domanda costante di competenze specializzate.

Il mercato della smart home in Italia è in crescita robusta, con un valore stimato di 900 milioni di euro nel 2024, in aumento rispetto all’anno precedente. Questa espansione è alimentata non solo dal desiderio di comfort, ma soprattutto dalla necessità di ottimizzare i consumi energetici, in linea con gli obiettivi della direttiva europea “Case green”. Tuttavia, le analisi di settore evidenziano un significativo gap di competenze e le aziende lamentano una mancanza di professionalità adeguata per lo sviluppo e l’installazione di questi sistemi.

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Per esercitare la professione di installatore di impianti in Italia, non è sufficiente la sola abilità tecnica. È indispensabile possedere specifiche abilitazioni professionali, normate da un quadro legislativo preciso. Il mancato rispetto di questi requisiti non solo espone a sanzioni, ma impedisce di certificare la conformità degli impianti per la loro messa in servizio.

Il pilastro normativo per chiunque operi nel settore dell’impiantistica all’interno degli edifici è il decreto ministeriale 22 gennaio 2008, n. 37. Questo decreto, che ha sostituito la precedente legge 46/90, disciplina l’installazione, la trasformazione, l’ampliamento e la manutenzione straordinaria di tutti gli impianti tecnologici posti al servizio degli edifici, indipendentemente dalla loro destinazione d’uso.

Il possesso delle abilitazioni previste dal dm 37/08 è il requisito imprescindibile per poter rilasciare la dichiarazione di conformità. Questo documento, redatto al termine dei lavori, attesta che l’impianto è stato realizzato “a regola d’arte”, nel rispetto di tutte le normative vigenti. Senza la DiCo, un impianto non può essere messo in esercizio e il committente non può ottenere il certificato di agibilità dell’immobile.

Le “lettere” di abilitazione e come ottenerle

Il dm 37/08 classifica gli impianti in diverse categorie, a ciascuna delle quali corrisponde una specifica abilitazione, comunemente nota come “lettera“. Un’impresa può essere abilitata per una o più lettere, a seconda delle competenze del proprio responsabile tecnico. È fondamentale identificare correttamente le lettere necessarie per l’attività che si intende svolgere, poiché operare su un impianto senza la relativa abilitazione è illegale. L’abilitazione non è concessa direttamente all’impresa, ma deriva dalla presenza al suo interno di una figura chiave: il responsabile tecnico.

È questa persona fisica, in possesso dei requisiti tecnico-professionali stabiliti dalla legge, che abilita l’intera azienda a operare e a certificare gli impianti. Il ruolo di RT può essere ricoperto dal titolare dell’impresa individuale, da un socio lavoratore, da un collaboratore familiare o da un dipendente assunto a tale scopo. L’articolo 4 del dm 37/08 definisce i percorsi alternativi per acquisire tali requisiti.

Lettera Descrizione Ufficiale (Art. 1, comma 2, DM 37/08) Percorso Abilitativo Necessario
A Impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell’energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l’automazione di porte, cancelli e barriere. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
B Impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
C Impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
D Impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie. Laurea; Diploma + 1 anno esp.; Formazione + 2 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
E Impianti per la distribuzione e l’utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
F Impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.
G Impianti di protezione antincendio. Laurea; Diploma + 2 anni esp.; Formazione + 4 anni esp.; Esperienza 3/6 anni.

Oltre alle abilitazioni del dm 37/08, per operare in settori come rinnovabili ed efficienza energetica servono qualifiche specifiche.

La FER è necessaria per installare e manutenere impianti a fonti rinnovabili e va aggiornata con 16 ore di formazione ogni tre anni, con annotazione in visura camerale. Il patentino F-GAS è obbligatorio per lavorare su impianti con gas fluorurati, si ottiene con corso ed esame e prevede pesanti sanzioni se assente.

Queste qualifiche, se combinate con più lettere del dm 37/08, permettono di passare da mercati saturi a quelli ad alto valore aggiunto, come le soluzioni energetiche integrate.

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Una volta in possesso dei requisiti tecnico-professionali, il passo successivo è dare una forma giuridica e fiscale alla propria attività. La scelta del regime fiscale e la corretta gestione degli obblighi previdenziali sono decisioni che incideranno profondamente sulla sostenibilità economica dell’impresa, soprattutto nei primi anni.

Per un’attività di installazione in fase di avvio, la ditta individuale è in genere la forma giuridica più semplice e conveniente, si costituisce rapidamente, ha costi di gestione contenuti e una contabilità snella, in linea con la natura artigiana.

In alternativa, è possibile valutare anche la srl artigiana, a condizione che la maggioranza dei soci (in termini di quote e di numero) sia composta da artigiani che partecipano personalmente al lavoro e che gli amministratori siano anch’essi artigiani.

I codici ATECO e le tasse

Ogni impresa deve essere identificata da un codice ATECO, che definisce il settore di appartenenza e incide sull’inquadramento fiscale e contributivo. Per gli installatori si fa riferimento al gruppo 43.2, dedicato agli impianti elettrici, idraulici e termoidraulici. Tra i principali:

  • 43.21.01 per impianti elettrici in edifici o altre opere di costruzione;
  • 43.22.01 per impianti di riscaldamento e condizionamento dell’aria;
  • 43.22.05 per impianti idraulici e sanitari;
  • 43.22.02 per impianti per la distribuzione del gas.

Nel regime forfettario, queste attività artigiane hanno un coefficiente di redditività pari all’86%. Ciò significa che il reddito imponibile si calcola applicando l’86% ai ricavi, e su questo importo si paga l’imposta sostitutiva del 15% (ridotta al 5% per i primi cinque anni in presenza dei requisiti di nuova attività).

L’attività di installatore come ditta individuale comporta l’iscrizione obbligatoria alla gestione artigiani INPS, con contributi fissi annui di circa 4.460 euro, con pagamenti trimestrali, fino a un reddito di 18.555 euro, più il 24% sulla parte eccedente.

Per il 2025 sono previste due agevolazioni alternative: riduzione del 35% per chi è in regime forfettario, oppure sconto del 50% per i primi tre anni di nuova iscrizione. Combinare l’imposta sostitutiva al 5% con queste riduzioni può abbattere in modo significativo il carico fiscale e previdenziale nei primi anni, favorendo la fase di start up

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Come avviare l’attività

L’avvio formale di un’impresa artigiana avviene tramite comunicazione unica d’impresa (ComUnica), una procedura telematica che consente, con un solo invio al Registro delle imprese, di aprire la partita IVA, iscriversi alla Camera di Commercio e all’albo delle imprese artigiane, attivare la posizione INPS nella gestione artigiani e aprire la posizione INAIL per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni.

Contemporaneamente, va presentata online la SCIA allo Sportello Unico per le Attività Produttive (SUAP) del Comune dove ha sede l’impresa, dichiarando il possesso dei requisiti tecnico-professionali richiesti (abilitazioni DM 37/08 e qualifiche specifiche).

Quanto investire per partire

L’investimento iniziale per avviare l’attività come installatore individuale può variare significativamente in base al livello di attrezzatura e al tipo di veicolo scelto. Tuttavia, è possibile delineare un budget di partenza minimo, se si prende un mezzo a noleggio, oppure in caso di acquisto di veicolo nuovo, superiore a 20.000 euro.

Una volta avviata, l’attività dovrà sostenere una serie di costi operativi, sia fissi che variabili, che devono essere attentamente monitorati per garantire la redditività. Oltre a imposte e contributi INPS, i costi fissi saranno legati al veicolo, commercialista e utenze.

I costi variabili riguardano principalmente il materiale di consumo utilizzato per l’installazione degli impianti.

Quanto guadagna un installatore di impianti

La definizione delle tariffe è un passaggio che deve tenere conto sia dei costi di gestione sia dei prezzi del mercato locale. Nel settore dell’impiantistica, le tariffe possono variare sensibilmente in base all’area geografica, al livello di specializzazione e alla tipologia di intervento:

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  • per interventi standard di manutenzione o riparazione, il costo orario medio in Italia oscilla tra 30 e 40 euro;
  • per lavori più complessi o specializzati, come quelli di domotica o su impianti industriali, il costo orario può arrivare a 50-70 euro;
  • il pronto intervento in orario notturno, nei festivi o in situazioni di urgenza prevede maggiorazioni consistenti, che possono raddoppiare la tariffa base, portando il costo orario a 80-150 euro.

A queste cifre si aggiunge spesso un diritto di chiamata, compreso tra 20 e 50 euro, per coprire spese di spostamento e tempo di trasferimento.

Per i lavori più complessi si adotta, di solito, un prezzo a corpo che tiene conto del costo dei materiali, dell’impianto principale (es.caldaia) e del lavoro. Ad esempio, il rifacimento completo di un impianto elettrico in un’abitazione di circa 100 mq può costare da 6.000 a 9.000 euro, a seconda della complessità tecnica e della qualità dei materiali. Una parte significativa della redditività dell’attività dipende anche dalla gestione dei materiali, su cui è prassi applicare un ricarico compreso tra il 15% e il 30%.



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