Le prospettive della Zes, un giudizio chiaro sul governo regionale. E sul suo Pd. È ancora: infrastrutture, mobilità, carceri. Tocca tutti i temi più caldi, senza reticenze, il senatore dem umbro Walter Verini. Manda un messaggio politico netto, soprattutto ai suoi: non pensare al consenso immediato ma al futuro.
– Onorevole Verini, come vede l’estensione della Zes a Umbria e Marche? C’è il rischio dello spot elettorale, come ha evidenziato a caldo?
Le Zes sono una opportunità. Se accompagnate però da risorse nazionali reali, se applicabili in tempi rapidi. Possono velocizzare e attrarre investimenti, aiutare imprese e innovazione con crediti di imposta e altre agevolazioni. Ma soprattutto possono funzionare solo in un Paese dove esistano serie politiche industriali, di sostegno alla produzione, all’export. Di lotta vera contro i dazi di Trump. Serie politiche per il lavoro e per il giusto salario. E per la formazione, l’innovazione ambientale e digitale. Non a caso le esperienze fatte nelle realtá del Mezzogiorno hanno avuto risultati limitati. Nella Zes annunciata dal Governo, allo stato, non ci sono risorse né garanzie che venga applicata. Qualcuno ha parlato di scatola vuota. Per questo a livello nazionale e nelle Marche PD, 5 Stelle, Avs, Italia Viva, hanno parlato di mossa elettoralistica in vista del voto regionale. È un sospetto fondato. Credo giusto perciò stare alla larga da ogni immotivato trionfalismo. Però anche da pregiudizi negativi. Vedremo se e come questa scatola verrà riempita. Noi, dall’opposizione nazionale, lavoreremo perché ciò avvenga. Con i fatti.
– A sei mesi di governo regionale è già possibile approntare un primo bilancio dell’operato della giunta Proietti e del consiglio regionale? Come vede manovra fiscale e intesa con la Toscana?
È ancora presto, naturalmente, siamo in una fase di impostazione e l’eredità lasciata da anni di modesta capacità di governo della destra si fa sentire. Però vedo segnali significativi sulla sanità, su ospedali, liste per esami e diagnostica, su un rinnovato rapporto con i territori, i sindaci, gli operatori. Vedo un rinnovato sostegno a politiche culturali e turistiche che fanno da sempre dell’Umbria punto di riferimento internazionale. Vedo una presenza reale su alcune questioni decisive per lo sviluppo, a partire dal futuro dell’AST. E una attenzione vera alla vita delle persone come i pendolari che vivono sulla propria pelle la gravissima situazione delle linee ferroviarie… Insomma credo che in questi mesi il lavoro sia stato incoraggiante per il prossimo cammino.
– Non ha risposto su manovra e protocollo… aggiungo il tema infrastrutture e mobilità, dal caos treni al Nodo di Perugia passando per l’aeroporto: come siamo messi?
Quanto alla manovra fiscale, dopo qualche eccesso di valutazione e precipitazione iniziale – ma anche di una opposizione che ha esagerato toni e forme, non avendo tra l’altro buone credenziali regionali e nazionali per scagliare prime pietre -, mi pare che la questione sia stata ricondotta sui giusti binari e decisioni. Quanto ai protocolli con Toscana, etc… La mia idea, non da oggi, è questa: la classe dirigente umbra (non solo politica e civica, ma anche quella composta da forze sociali, dell’impresa, del lavoro e della ricerca, delle istituzioni a tutti i livelli) dovrebbe definire delle priorità non localistiche, ma di respiro regionale, che diano risposte a tutte le aree territoriali. Tipo: Alta velocità (per me personalmente si dovrebbe lavorare sulle direttrici Arezzo, Perugia, Chiusi, Orte e sul potenziamento della Roma-Ancona, dentro la quale c’è la Orte-Falconara); E78 e messa in sicurezza della E45; Nodo di Perugia (bene l’iniziativa del presidente della Provincia Presciutti per un tavolo di confronto). E poi, ovviamente completamenti di assi viari come Quadrilatero e Gubbio-Pian d’Assino. E infine, aeroporto. Che oggi è in salute ma che proprio per questo dovrebbe secondo me guardare oltre il presente e consolidare rapporti di collaborazione con altri scali dell’Italia di mezzo, a partire da Ancona. Definire priorità regionali, condivise da San Giustino a Otricoli e battersi tutti insieme, a tutti i livelli per realizzarle. I protocolli con le Regioni dell’Italia di mezzo saranno lo strumento comune conseguente.
– C’è stato anche il congresso regionale del suo Pd, col cambio in corsa del segretario e le polemiche su Terni: anche qui ci dia un giudizio.
Per me il congresso ha aperto una pagina incoraggiante. Ora abbiamo Segretari regionale, provinciali a Perugia e Terni e a livelli locali pienamente legittimati. Abbiamo candidati che pur non vincendo numericamente hanno avuto un notevole risultato politico come Trappolino e Burico. Ci sono insomma tutte le condizioni per aprire una fase nuova nella vita del partito. Che per me deve significare innanzitutto apertura vera, quotidiana alla società, alla vita delle persone e autonomia. E unità sostanziale. Da troppi anni, da qualche anno dopo la stessa nascita del Pd – e in concomitanza con il logoramento di un sistema che pure aveva dato molto all’Umbria ma che dal 2014 aveva dato sonori avvertimenti – il partito ha avuto problemi seri e difficoltà a mettere al lavoro insieme un vero gruppo dirigente. Correntismi, personalismi, incrostazioni, in certi casi rinnovamenti solo anagrafici e non generazionali, lo hanno impedito. Ma ora dobbiamo farlo. Con autonomia. Un partito aperto e radicato fa politica nelle realtà, nei territori. Sostiene lealmente gli amministratori dove siamo maggioranza, ma non delega agli amministratori il proprio ruolo. Non debbono esserci commistioni di ruoli. Tra l’altro, secondo me, noi in Regione, nei Comuni a guida progressista a partire da Perugia (realtà nelle quali tutti insieme abbiamo vinto) e dove combattiamo importanti battaglie di opposizione a partire da Terni, Todi, Orvieto, abbiamo un grande compito: costruire una nuova Umbria e nuove comunità. Non è facile, in un mondo che scoppia. In un’Europa che fatica ad essere soggetto unitario. In una Italia con un Governo che sembra più avere preso il potere che avere vinto le elezioni. Ma è in questi tornanti che la Politica e la società debbono dare il meglio, non essere ceto politico ma classe dirigente. Non pensare al consenso immediato, ma al futuro. Con visione e concretezza, con coraggio.
– E’ sempre stato sensibile al tema dei diritti dei detenuti, nelle quattro carceri umbre c’è un alto tasso di sovraffollamento e di disagio: quali responsabilità e quali soluzioni possibili?
Le carceri, anche in Umbria, sono un dramma, una bomba. Tutte, Terni in particolare. Sovraffollamento incredibile, condizioni di vita pessime, mancanza di spazi, di acqua. Mancanza di risorse per lavoro , formazione, socialità, sport, cultura. Che poi vuol dire carcere come pena, non come vendetta. E se uno esce dal carcere rieducato, non torna a commettere reati e la società è più sicura. Mancano agenti di polizia penitenziaria e altre figure professionali (la polizia penitenziaria va ringraziata perché lavora in condizioni difficili) come vanno ringraziati i vertici che dirigono gli istituti con competenza e umanità, a partire dalle direttrici di Capanne a Perugia e Maiano a Spoleto. Noi denunciamo, proponiamo, ci battiamo. Significativo anche l’impegno della Regione e del Consiglio regionale, a partire dai consiglieri Lisci e Proietti. Ma c’è un convitato di pietra, sordo e responsabile di non fare niente: il Governo, il ministro Nordio. Non c’è tempo da perdere: domiciliari e sconti di pena a chi è già in semilibertà e lavora all’esterno. Per reati di non grave allarme sociale. Migliaia di malati tossicodipendenti a curarsi nelle comunità e non a rischiare di morire nelle carceri. Si può, si deve fare, ma subito.
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