Con un forte videomessaggio, in cui compaiono i più alti comandanti di polizia ed esercito, il governo ecuadoriano ha accusato pubblicamente la Corte costituzionale di ostacolare le forze dell’ordine nel contrasto alla criminalità e di essere nemica dei propri cittadini. Quello del presidente Noboa, che ha convocato per oggi 12 agosto una marcia di protesta sotto la sede della Corte, è un attacco frontale ai giudici.
Salito al potere nel 2023, Noboa ha impostato la sua linea politica su una dura repressione del narcotraffico, che negli ultimi anni ha trasformato il Paese dal secondo più sicuro dell’America Latina al più pericoloso, con un incremento dell’800% di morti violente negli ultimi cinque anni.
Lo scontro tra esecutivo e Corte costituzionale è sorto dopo la sospensione di tre leggi di un ampio e discusso pacchetto normativo, “Ley de Solidaridad, Seguridad y Inteligencia“, che intenderebbe potenziare il contrasto alla criminalità organizzata. Il giorno successivo allo stop della Corte, il presidente ecuadoriano ha presentato sette nuovi quesiti referendari tra cui spicca la proposta di poter rimuovere i giudici della Corte costituzionale attraverso un giudizio politico emesso dal Parlamento.
Le leggi sospese in attesa di giudizio rispetto alla loro costituzionalità riguardano un enorme potere dato al presidente e alle forze di sicurezza. Tra le norme in esame vi è la possibilità per le forze dell’ordine di effettuare arresti, intercettazioni e perquisizioni senza mandato, agendo a loro completa discrezione. Al presidente verrebbe inoltre concesso il potere di promulgare indulti per qualsiasi crimine connesso alla lotta contro il narcotraffico. Altro fattore di preoccupazione è la proposta di accordare forti sconti fiscali alle imprese private che facciano donazioni alle forze di polizia, mettendo a rischio l’indipendenza della forza pubblica.
Una riforma dello stato di diritto che ha allarmato numerose organizzazioni internazionali, tra cui la relatrice Onu per l’indipendenza della magistratura Margaret Satterthwaite, che vede con forte timore il paese scivolare verso una sospensione delle garanzie democratiche.
Noboa, figlio di una delle famiglie più ricche del continente e proprietario di una impresa bananiera, si presenta al Paese come l’uomo forte che non ha timore di usare il pugno duro contro le bande del narcotraffico. Riceve però critiche al proprio interno per uno stato d’eccezione che rinnova ormai da più di un anno senza che diminuisca la violenza delle bande, per il licenziamento di migliaia di dipendenti pubblici e per il trattamento violento riservato a movimenti sociali e ambientali sorti di fronte a nuove concessioni minerarie arbitrarie. Si moltiplicano inoltre le denunce rispetto a decine d’esecuzioni extragiudiziali avvenute nell’ultimo anno, tra cui spicca quella di quattro ragazzini prelevati dall’esercito mentre giocavano e ritrovati carbonizzati alcuni giorni dopo.
Nel frattempo il governo sembra incassare un crescente appoggio degli Stati Uniti. Domani 13 agosto il segretario di stato Marco Rubio sarà nel Paese per parlare di dazi e di cooperazione in materia di sicurezza. Fu proprio il presidente Noboa a volere e a stipulare lo scorso anno un accordo di collaborazione militare con gli Usa. Nel pacchetto di nuove leggi approvate emerge infatti una modifica costituzionale che permetterebbe a potenze straniere di aprire basi militari nel paese. Un nuovo corso politico per il paese, dato che nel 2009 il presidente progressista Correa aveva chiuso l’ultima base statunitense sul suolo nazionale e reso incostituzionale una sua riapertura.
Mentre Washington rafforza il suo asse con Quito in nome della sicurezza e al contrasto alla droga, crescono i timori che la lotta al narcotraffico si stia trasformando in un alibi per erodere lo stato di diritto e sospendere in forma sempre più profonda le garanzie democratiche nel paese andino.
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