Italia fanalino di coda Ue per debiti Pa


Malgrado un timido passo avanti nei tempi medi di pagamento, l’Italia rimane saldamente in fondo alla classifica europea per ammontare complessivo dei debiti commerciali della Pubblica Amministrazione. L’ultima rilevazione dell’Ufficio studi della CGIA di Mestre fotografa una situazione ancora pesante: nel 2024 lo stock residuo si è attestato a 58,7 miliardi di euro, pari al 2,7% del Pil, la percentuale più alta tra i 27 Paesi dell’Unione.

Richieste di pagamento

Nel dettaglio, lo scorso anno le amministrazioni pubbliche hanno ricevuto dai fornitori richieste di pagamento per 198 miliardi di euro. Entro marzo 2025 sono stati saldati 189,85 miliardi, lasciando scoperto un importo di 8,15 miliardi. Un ritardo che grava soprattutto sulle piccole e medie imprese, spesso esposte a seri problemi di liquidità quando le entrate tardano ad arrivare.

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Un miglioramento

Eppure, le statistiche mostrano un apparente miglioramento: per la prima volta dal 2013, il tempo medio di pagamento si è posizionato sotto i 30 giorni fissati dalla normativa europea. Un risultato frutto di diversi fattori, tra cui l’applicazione delle direttive UE, le misure legate al PNRR e il monitoraggio offerto dalla Piattaforma dei Crediti Commerciali del Ministero dell’Economia.

Progressi solo sulla carta

Secondo la CGIA, però, si tratta di progressi solo sulla carta. L’associazione segnala infatti un “doppio escamotage” adottato da molte amministrazioni: da un lato, la priorità data alle fatture di importo maggiore, saldate nei termini per far scendere la media statistica, a scapito di quelle più basse che rimangono in sospeso per mesi; dall’altro, la possibilità per i dirigenti pubblici di stabilire quando un’azienda può emettere fattura, autorizzandola solo quando sono disponibili i fondi. Una pratica che consente di risultare formalmente in regola, pur svuotando di senso le norme europee. “La puntualità nei pagamenti è un obbligo morale oltre che giuridico” ricorda la CGIA, che sollecita riforme strutturali per garantire incassi certi ai fornitori. Per ora, però, il divario con il resto d’Europa resta ampio e continua a penalizzare la competitività delle imprese italiane.



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