“Fondi Jtf per un futuro più sostenibile per Taranto”


TARANTO – Il segretario generale di Confartigianato Taranto, Fabio Paolillo, lancia l’allarme: “Senza chiare direttrici di sviluppo, Taranto rischia di fallire l’obiettivo della riconversione economica”.

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“Il JTF – spiega Paolillo – è davvero una montagna di soldi che l’Unione Europea mette a disposizione di Taranto, per finanziare la diversificazione economica, l’innovazione, la riqualificazione ambientale, la transizione energetica ed il supporto alla creazione di nuove imprese, con il chiaro obiettivo di aiutare il territorio a ridurre la sua dipendenza dall’industria pesante che ha segnato profondamente lo sviluppo della comunità per lo spaventoso impatto sull’ambiente e sul territorio. Ci viene data la possibilità di un futuro più sostenibile”. 

“Un’occasione unica per la provincia di Taranto per affrontare le sfide non solo della transizione ecologica ma per promuovere uno sviluppo più sostenibile ed inclusivo. Quello che abbiamo sempre chiesto, si è avverato”.

“Purtroppo però il territorio si è fatto trovare gravemente impreparato, in diversi aspetti importanti. Dai primi sondaggi di imprenditori che stanno affacciandosi in associazione per conoscere, capire, condividere possibili idee realizzative, allettati da agevolazioni altamente vantaggiose (contributi a fondo perduto fino al 65% non si erano mai visti), emergono alcune preoccupazioni, non solo per l’estrema complessità delle procedure, ma per chi deve ampliare, diversificare e/o investire in nuove attività d’impresa restano nebulose le risposte su cosa fare e dove farle”.

“Può sembrare paradossale, ma è così – prosegue Paolillo -. Al netto di quegli imprenditori di fuori provincia, già organizzati i e strutturati, che verranno ad investire sul nostro territorio (ben vengano se i progetti sono seri visto che non siamo stati molto fortunati in passato), siamo preoccupati per la riluttanza e l’apatia della piccola imprenditoria locale (che poi è oltre il 95% del totale) che sembra non voler farsi avanti, spesso frenata proprio dalla paura di sbagliare”.

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“Un territorio come il nostro che ha vissuto per tanti decenni di cultura del posto fisso
(pubblico e privato), alle prime avvisaglie di crisi del sistema avrebbe dovuto lavorare sulla cultura dell’imprenditorialità, che è stata la risposta di successo a bisogni sociali, economici, professionali e personali di moltissimi territori italiani, senza andar lontano vedi Bari e Lecce”. 

“Taranto si ritrova un’imprenditoria numericamente ridotta e strutturalmente di piccole dimensioni (ovviamente con poche eccezioni), che paga lo scotto di carenza di requisiti, patrimonializzazione e ampiezza di mercato”.

“Quindi, arrivati i soldi per la riconversione economica di Taranto, avremmo dovuto già avere un piano di azione, con l’indicazione delle direttrici di sviluppo da percorrere, distretti e filiere da creare, un quadro chiaro sulle potenzialità di sviluppo di settori alternativi all’industria pesante, su cui puntare spediti per sviluppare nuova economia, sul turismo, commercio, artigianato, agricoltura, servizi, produzione, etc.. Tutto questo il territorio non ce l’ha, nessuno ha mai pensato di farlo, ne la politica, ne le associazioni e ne il sindacato”.

“Un altro handicap del territorio è quello di non avere ancora chiare le direttrici di sviluppo urbanistico della città. E’ rimasto ancora tutto in sospeso, PUG compreso. Un imprenditore prima di investire deve fare tante valutazioni e su dati certi. Allora, se da un lato della città abbiamo un’immensa area SIN (sito di interesse nazionale) classificata come contaminata e pericolosa, la cui bonifica non è ancora partita (pazzesco!), dall’altro lato c’è la concreta possibilità che si vada verso un allungamento della città, verso un improvvido consumo di suolo per far nascere nuovi complessi commerciali e residenziali fino a coprire la distanza col nuovo ospedale San
Cataldo (la storia del comparto 32), quando sarebbe normale dedicarsi al recupero e valorizzazione della Città vecchia, del Borgo, alla riqualificazione delle periferie, al recupero e riutilizzo delle tante aree ed immobili dismessi ed inutilizzati”. 

“Entrambe le cose non sono possibili, Taranto questa è! Con questo amletico dubbio, un imprenditore che vuole investire, dove deve farlo per non sbagliare? Sono tutti nodi che vanno sciolti e subito. Quindi Taranto ed i tarantini ancora una volta partono al contrario, ci sono i finanziamenti, per realizzare cosa e dove? Potremmo essere ancora in tempo per consentire alle imprese tarantine di essere protagoniste della diversificazione economica della propria città, ma bisogna darsi da fare e molti compiti sono della politica e di chi ci amministra. Altrimenti dobbiamo sperare ancora una volta nei forestieri (Via D’Aquino e Via Di Palma docet!)”.

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