Corre l’export anti dazi. Pasticcio di Trump sull’oro


Accelera l’export italiano con un incremento significativo nei mercati alternativi agli Stati Uniti. Un segnale che le imprese stanno affrontando con determinazione la guerra commerciale innescata dai dazi imposti dagli Usa, cercando nuovi sbocchi per i loro prodotti. Confartigianato, in particolare, ha sottolineato come l’export del Made in Italy verso i 25 Paesi top market quelli più promettenti al di fuori del mercato statunitense abbia registrato una crescita del 5,3% nei primi quattro mesi del 2025. Questo andamento positivo si aggiunge a una crescita complessiva delle esportazioni italiane verso i Paesi extra Ue dell’1,3%, che sale al 2% al netto delle esportazioni di energia.

Antonio Tajani, vicepremier e ministro degli Esteri, ha commentato questi risultati, evidenziando che “il piano straordinario per l’export funziona”. Il ministro ha aggiunto che “diversificare i mercati internazionali nei quali esportare i nostri prodotti è la strategia giusta per contrastare l’effetto negativo dei dazi americani”, confermando l’impegno del governo a sostenere la crescita delle esportazioni italiane.

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I settori che stanno beneficiando di questa nuova direzione sono numerosi, dalla moda all’alimentare, dai mobili ai metalli, fino alla gioielleria e occhialeria. Paesi come gli Emirati Arabi (+20,9%), il Brasile (+14%), la Svizzera (+13,1%) e l’Arabia Saudita (+9,6%) sono tra i principali destinatari con un contributo significativo delle piccole imprese. Confartigianato ha, infatti, rilevato come le Pmi italiane stiano facendo la loro parte, con l’export verso gli Emirati Arabi, per esempio, vale 3,5 miliardi di euro. L’organizzazione chiede però che l’Europa faccia un passo avanti, mettendo la competitività al centro della propria agenda.

La questione dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, tuttavia, non riguarda solo i prodotti tipici italiani, ma anche altre aree strategiche come il settore dell’oro, che ha recentemente visto l’inasprimento delle politiche doganali da parte degli Stati Uniti. La decisione della Casa Bianca di applicare dazi su una parte significativa del mercato dell’oro ha sollevato una grande preoccupazione tra i produttori e commercianti di metalli preziosi. A seguito di una controversa sentenza della Customs and Border Protection (Cbp, l’equivalente di un’unione tra Agenzia delle Dogane, Finanza e polizia di frontiera), i lingotti da un chilo e da 100 once sono stati considerati soggetti a dazi. Questa posizione si è rivelata in netto contrasto con una dichiarazione precedente di aprile, secondo cui i lingotti d’oro sarebbero stati esenti da imposte.

La reazione del mercato non si è fatta attendere: venerdì scorso, infatti, l’oro con consegna a dicembre ha registrato una flessione dell’1%, scendendo a 3.460 dollari l’oncia troy, segnando un calo dopo il picco storico raggiunto negli scorsi giornidal metallo prezioso. La London Bullion Market Association (Lbma), principale associazione di commercianti di oro, ha espresso preoccupazione e intende chiedere chiarimenti alle autorità americane. La questione dei dazi, in effetti, potrebbe avere un impatto significativo sul flusso di oro fisico tra Londra e gli Stati Uniti, minacciando la fluidità di uno dei settori fondamentali per l’economia globale.

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L’introduzione di dazi sulle importazioni di lingotti d’oro ha avuto un impatto forte soprattutto sulla Svizzera già messa alla prova dall’aliquota del 39% impostale da Trump. Nonostante la Casa Bianca abbia annunciato l’intenzione di emettere un ordine esecutivo per chiarire la situazione e dissipare le incertezze, il mercato si è tuttavia trovato in una posizione di forte instabilità.



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