Carlo Calenda è uno dei pochi politici italiani a parlare di industria con cognizione di causa. E per Industria Italiana, questa è già una notizia. Perché mentre il dibattito pubblico si concentra su bonus e sussidi, la manifattura italiana soffoca tra costi energetici alle stelle, transizione ecologica gestita come una bandiera ideologica e una burocrazia che rende impossibile persino usare i fondi europei disponibili. Il caso di Transizione 5.0 è emblematico: promesse altisonanti, risultati catastrofici.
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La proposta di Calenda è pragmatica: non chiudere Transizione 5.0, ma affiancarle un provvedimento di pura semplificazione. Un’unica aliquota al 33% di credito d’imposta per tutte le spese riconducibili a Industria 4.0. Niente verifiche ex post impossibili, niente procedure bizantine, niente ostacoli burocratici. Un modello lineare, chiaro per le imprese e compatibile con la logica dei fondi europei, se negoziato bene a Bruxelles.
Il tema dell’energia è ancora più urgente. Per Calenda, non si può lasciare il destino industriale del Paese alle oscillazioni di mercato o alle velleità green. Serve un ritorno deciso al nucleare, con centrali di terza generazione da costruire nei siti già esistenti, con procedure snelle e se necessario con aree militarizzate. È il modello francese, quello che consente a Parigi di avere bollette industriali più basse della metà rispetto all’Italia.
Ma c’è di più. Calenda chiede di uscire dal feticismo degli Small Modular Reactors, tecnologia immatura che rischia di diventare un nuovo alibi per non fare nulla. E propone di replicare per l’energia lo schema che già esiste per i contratti a lungo termine: idroelettrico, nucleare e rinnovabili devono garantire alle imprese prezzi stabili e calmierati, tagliando fuori la speculazione di mercato.
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Sul piano europeo, la visione è chiara: basta con le normative che creano barriere interne. Se vogliamo difenderci dai dazi americani e cinesi, bisogna rendere più fluido il mercato unico europeo. Un’idea che Draghi aveva già messo sul tavolo e che nessuno ha avuto il coraggio di portare avanti. Per Calenda, l’unica strada è una politica industriale vera, che metta al centro le imprese e non i proclami. E non ha paura di dirlo: “Se la Meloni fa una cosa giusta per l’industria, io la voto. Basta tifoserie, serve buon senso”.
In sintesi: semplificazione fiscale, energia competitiva, ritorno al nucleare e una politica industriale europea seria. Il tutto, condito da una sana dose di realismo. Perché, come ricorda Calenda, “senza industria, non c’è ricchezza da distribuire”.
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(Ripubblicazione dell’articolo del 3 marzo 2025)
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