Tra marketing e nuovi consumatori, il neo presidente del gruppo vinicolo di Confindustria Veneto Est: «Siamo più forti dei dazi»


«I dazi? Più che altro si tratta di capire come si ripartirà dopo la pausa concordata con gli importatori». Settimo Pizzolato, della cantina di Villorba che porta il nome di famiglia, è il nuovo presidente del Gruppo vinicolo, distillati e liquori di Confindustria Veneto Est.

Il suo insediamento è coinciso con la comunicazione definitiva del presidente americano Donald Trump sui dazi: per esportare il vino veneto negli States si dovrà aggiungere il 15% del suo valore, salvo esenzioni alle quali si continua a lavorare.

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Una decisione che, secondo gli esperti del settore, potrebbe comportare un calo del 5-7% del totale del fatturato che attualmente si aggira a 1,9 miliardi di euro per un totale di 130 milioni di bottiglie di Prosecco, il vino preferito dagli americani.

«No, l’anno scorso i dazi erano del 4,8%, ad aprile si è aggiunto un 10%, quindi se fosse il 15% annunciato domenica per noi significherebbe un aumento dello 0,2%, quindi non dovrebbe essere una tragedia. Secondo me è stato fatto un buon lavoro a Bruxelles tramite anche i nostri i nostri politici di Roma. Credo che gli ordini ricominceranno a partire dopo metà agosto in vista delle feste natalizie».

E allora cosa vi spaventa?

«Prima c’era la paura dei dazi del 30%, poi quella dei dazi al 200% quando Trump aveva fatto le prime richieste era proprio preoccupante. Ora dobbiamo capire come sarà la ripartenza dopo la pausa concordata con gli importatori».

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«L’industria vinicola e dei distillati del Veneto Orientale ha dimostrato negli anni una straordinaria capacità di resilienza e innovazione, consolidando la propria presenza in mercati chiave come quello americano. Gli Stati Uniti rappresentano il quarto Paese per la vendita di Prosecco. Abbiamo percepito un rinnovato ottimismo non solo tra i nostri operatori, ma anche tra i partner commerciali e gli operatori di settore oltreoceano. Questo ci infonde la speranza che le discussioni possano giungere a una conclusione positiva, garantendo la continuità e lo sviluppo delle opportunità costruite negli anni con impegno e dedizione».

Avete pensato di guardare oltre?

«Dobbiamo guardare anche altrove, a nuovi mercati. Tra questi c’è il Sud America, il Brasile, ma anche la Colombia e poi il Sudafrica, che, come produttore, è anche attento a conoscere qualcosa di nuovo, poi il Camerun e infine l’Oriente. Quello è un mercato a cui dobbiamo guardare e verso cui finora abbiamo fatto davvero poco».

«Dobbiamo continuare a fare sempre di più leva sul marketing, far conoscere sempre di più i vini italiani e veneti. Dobbiamo fare campagne attraverso le nostre aziende, ma anche tramite i consorzi. Dobbiamo comunicare ai nuovi consumatori».

Chi è il nuovo consumatore?

«Sempre più giovane, lo identifichiamo con una persona che va dai 20 ai 50 anni, ed è un grande amante delle bollicine. Ora tocca a noi essere in grado di farlo innamorare anche del Pinot grigio, per esempio. Con il Prosecco in 10 anni siamo arrivati a vendere 630 milioni di bottiglie di Prosecco Doc grazie al marketing e alla comunicazione, sono leve che possono cambiare le sorti anche di altre tipologie di vini, già ora il mercato americano assorbe il 40% della produzione del Pinot grigio».

Di cosa ha bisogno adesso il comparto del vino?

«Di stabilità, anche sui prezzi e sui costi. Per questo dovremmo cercare di ridurre i costi di produzione, dal confezionamento delle bottiglie, all’energia elettrica per cui confidiamo anche un intervento dello Stato. In generale, noi dobbiamo sostenere il mercato con una stabilità di prezzi, non possiamo pensare di aumentare i prezzi in generale e risolvere la situazione così».

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Lei rappresenta 95 aziende del territorio, quali sono i suoi progetti per il prossimo biennio?

«In primo luogo, mi adopererò per costruire una rete, fare squadra non solo tra produttori ma anche con i consorzi, le associazioni di categoria, il mondo delle cooperative. E poi il mio obiettivo è creare una festa del Prosecco entro giugno 2026 coinvolgendo tutti gli attori del territorio e i giovani vignaioli, cosicché la tradizione possa continuare anche in futuro». 



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