ma Bruxelles va avanti a trattare, esenzioni per bisonti e aragoste


L’Europa non si scompone e tira dritto con la linea del dialogo. Anche perché «ulteriori turbolenze» commerciali tra le due sponde dell’Atlantico sono nell’ordine delle cose, ammettono a Bruxelles con una certa dose di realismo. Ma mentre formalizza la sospensione dei contro-dazi su 93 miliardi di export che sarebbero entrati in vigore domani in caso di mancato accordo con gli Usa, la Commissione resiste alle provocazioni. E sceglie di non rispondere alle nuove minacce che Donald Trump ha affidato alla Cnbc: portare i dazi dal 15% al 35% se gli europei non manterranno fede all’impegno di investire 600 miliardi di dollari entro la fine del mandato, nei prossimi tre anni. La promessa, insieme alla volontà di acquistare 750 miliardi di dollari di forniture energetiche, era stata strappata a Ursula von der Leyen nel quadro del patto stretto nel golf resort scozzese di Turnberry a fine luglio, ma già nei giorni scorsi funzionari Ue avevano predicato cautela. Intendiamoci: nessun passo indietro. Ma «non si tratta di qualcosa che l’Ue, in quanto autorità pubblica, possa garantire: ci basiamo sulle intenzioni delle aziende private», ha chiarito una fonte qualificata, pur ribadendo la disponibilità a lavorare con le imprese. L’impegno ricalca quello preso dal Giappone: ma mentre Tokyo mobiliterà anche risorse pubbliche, l’Ue – per strutture e competenza – può far leva solo sull’interesse mostrato dalle sue industrie, a parte qualche decina di miliardi per comprare, con fondi del bilancio comune, i chip per le giga-factory dell’IA. La ricerca di una formula condivisa sugli investimenti è uno dei nodi più difficili da sciogliere e contribuisce a tardare la dichiarazione politica comune, documento non vincolante ma che si propone di mettere nero su bianco i termini dell’intesa. I contatti per definire la versione finale sono «in fase avanzata», precisano a Bruxelles, dove si indica che l’attuazione dell’accordo è già, comunque, in corso. La bozza, secondo quanto si apprende, sarebbe ormai sul tavolo degli americani, «che in questi giorni sono, tuttavia, impegnati» su vari fronti. Un riferimento alle battute finali degli altri negoziati, ad esempio con la Svizzera che, colpita da un inedito 39%, ieri ha mandato a Washington una delegazione per tentare il tutto per tutto. Domani, infatti, entreranno in vigore i dazi istituiti il 1° agosto sulle importazioni dalla gran parte dei partner commerciali. All’Ue si applicherà il 15% “tutto incluso”, farmaci compresi: ma in tal caso solo dalla prossima settimana, e perlomeno per ora (al netto delle nuove bordate trumpiane). A Bruxelles giudicano questa aliquota come «una polizza assicurativa» per il futuro, anche se la trattativa continua su vari comparti. I funzionari Ue che seguono il dossier si aspettano «molto presto» che gli americani abbassino i prelievi su automobili e componentistica dall’attuale 27,5% al 15%, e azzerino del tutto quelli sugli aeromobili civili. I colloqui su vino, birra e liquori continuano. Una svolta, prevedono a Bruxelles, «non arriverà in tempi brevi», ma per gli europei è tra le priorità delle prossime fasi del negoziato, e lo stesso vale per i dispositivi medici. Le opzioni sul tavolo vanno dall’azzeramento completo dei dazi all’applicazione di mini-tariffe, possibilmente sotto il 5%, per quei «prodotti che hanno qualità uniche», spiegano fonti Ue: «È un trattamento di favore che Washington riconosce già a prodotti esteri di cui sa di aver bisogno, come ad esempio mango e caffè. Noi siamo fiduciosi che possiamo ottenere lo stesso regime, ad esempio per le indicazioni geografiche protette». Una deroga così calibrata sarebbe particolarmente interessante per le eccellenze agroalimentari italiane e francesi. E per convincere l’amministrazione repubblicana a fare un passo di lato, l’Ue si prepara ad azzerare i mini-dazi Ue esistenti su 70 miliardi di euro di importazioni dell’agrifood a stelle e strisce. A cominciare da aragoste e carne di bisonte: sono gli esempi più iconici di ciò che la Commissione considera importazioni «non sensibili», cioè che non rischiano di sottrarre fette di mercato al “made in EU”. Nel lotto delle liberalizzazioni rientrano pure soia, usata negli allevamenti di bestiame, frutta secca (pistacchi, mandorle e nocciole in particolare) e alimenti per animali domestici. Le maglie larghe si fermano qui. Nessuna concessione riguarderà le produzioni sensibili come «carne di manzo, pollame e zucchero», per cui continueranno a valere le regole attuali. Si va ai tempi supplementari, poi, per mettere a punto un sistema di quote per acciaio e alluminio: l’obiettivo è ridurre quasi a zero i maxi-dazi del 50%, ma solo per i volumi storici di metalli di alta qualità importati dall’Ue negli Usa. Gabriele Rosana

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