Corsa allo spazio: perché Ue e Italia rischiano di restare tagliate fuori


Nel mondo della space economy, c’è un fattore decisivo che spesso viene trascurato: il tempo. Se negli anni passati era sufficiente lanciare satelliti e operare lentamente, oggi, con la concorrenza di Stati Uniti e Cina, ogni mese perso equivale a perdere quote di mercato, influenza geopolitica e capacità strategica.

Stati Uniti e Cina: la velocità come arma geopolitica

La differenza di ritmo tra Europa e le due superpotenze spaziali—Stati Uniti e Cina—si è ampliata drammaticamente negli ultimi anni. Tra il 2019 e il 2025, SpaceX ha messo in orbita oltre 6.000 satelliti della costellazione Starlink, raggiungendo una posizione dominante nei servizi globali di comunicazione satellitare. Lo stesso vale per la Cina, che con le costellazioni Guowang e Beidou mira a lanciare 13.000 satelliti entro il prossimo decennio, imponendo nuovi standard globali.

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La ragione della loro supremazia temporale risiede in modelli decisionali semplici e veloci. Negli Stati Uniti, per esempio, agenzie come la Space Development Agency (SDA) utilizzano processi semplificati che consentono di passare dal progetto al lancio in appena 24 mesi. Lo stesso modello è applicato dalla DARPA, agenzia governativa del Pentagono, capace di integrare in maniera fluida investimenti pubblici e capitali privati.

In Cina, la situazione è altrettanto efficace, ma radicalmente diversa: il sistema decisionale centralizzato del governo cinese garantisce che, una volta presa una decisione strategica, l’industria risponda immediatamente con risultati concreti.

Europa e Italia: perché siamo così lenti?

La situazione europea è l’opposto di quella statunitense e cinese: decisioni frammentate, procedure burocratiche complesse, e una governance che coinvolge ESA, Commissione Europea e agenzie nazionali come l’ASI in Italia. In questo scenario, ogni progetto—anche il più strategico—finisce bloccato in procedure che durano anni. È il caso emblematico della costellazione italiana IRIDE, finanziata con circa 1 miliardo di euro dal PNRR, che dovrebbe essere operativa entro il 2026 ma che, già oggi, rischia ritardi considerevoli.

La causa principale è una governance multilivello che rallenta le decisioni e ostacola l’agilità industriale, condannando di fatto le imprese europee e italiane a perdere terreno prezioso nei confronti di concorrenti globali molto più veloci.

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Quattro soluzioni per recuperare competitività

Per evitare di restare irrimediabilmente indietro, Europa e Italia devono affrontare immediatamente il problema tempo, implementando quattro soluzioni chiave:

Procedure fast-track: gare più rapide e contratti semplificati

Per ridurre il divario, l’Europa deve introdurre urgentemente procedure fast-track, capaci di abbattere i tempi delle gare pubbliche. Oggi le gare spaziali europee sono lente, spesso divise in più fasi, con procedure che arrivano a durare anche due o tre anni. Negli Stati Uniti, invece, le gare della SDA e della NASA durano spesso meno di sei mesi.

Per farlo occorre:

  • gare pubbliche in un’unica fase decisionale, anziché multiple;
  • contratti a prezzo fisso con tempi vincolanti e penali chiare per i ritardi;
  • project manager pubblici con autorità decisionale chiara e diretta, con responsabilità misurabili sul rispetto dei tempi.

In Italia, in particolare, ciò richiederebbe anche la nomina di commissari straordinari con poteri speciali per i progetti satellitari strategici, come già avviene per grandi opere infrastrutturali terrestri.

Coinvolgimento del capitale privato: fondi tematici di private equity e strumenti di debito

Il secondo grande gap europeo riguarda la scarsità di capitale privato nello sviluppo di costellazioni satellitari. Se negli USA capitali privati come venture capital e private equity spaziali alimentano costantemente il settore, in Europa gli strumenti finanziari sono limitati e poco incentivanti.

In Italia sembra che si inizino a intravedere esempi virtuosi di strumenti finanziari di growth. Ma per colmare davvero il gap servirebbero strumenti più vasti e sistemici:

  • fondi di growth equity specializzati con garanzie statali e comunitarie;
  • strumenti di debito specifici come i “basket bond” spaziali garantiti da istituzioni pubbliche europee;
  • incentivi fiscali mirati e diretti per chi investe nel settore spaziale, inclusi venture debt e strumenti ibridi (equity-debt) per le PMI innovative.

Riforma delle agenzie spaziali: ESA e ASI devono diventare più snelle

L’ESA (Agenzia Spaziale Europea) e le agenzie nazionali, come l’ASI italiana, sono al centro del problema burocratico-temporale europeo. Le agenzie spesso si comportano più come ministeri che come enti operativi, con processi autorizzativi complicati che si moltiplicano all’infinito.

Una riforma radicale dovrebbe prevedere:

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  • costituzione di task force dedicate a ciascun grande progetto, con autonomia gestionale e budget flessibile;
  • eliminazione di passaggi inutili e autorizzazioni ridondanti, responsabilizzando direttamente i team di progetto;
  • procedure accelerate per l’accesso alle gare e apertura sistematica al New Space, ovvero alle PMI innovative non tradizionali.

Questa trasformazione farebbe delle agenzie spaziali europee veri motori industriali, non più ostacoli.

Normativa spaziale europea unificata: chiarezza e tempi rapidi per licenze e regole

Infine, l’Europa non ha ancora una normativa unitaria sullo spazio. Ogni paese membro applica regolamenti propri su licenze, assicurazioni satellitari, export control, uso dei dati, payload militari e civili.

Una normativa comune dovrebbe chiarire rapidamente e definitivamente:

  • procedure uniche e rapide per l’autorizzazione di satelliti e servizi spaziali;
  • regolamenti uniformi sull’utilizzo dei dati, in particolare per payload dual use civili e militari;
  • semplificazione delle regole per export e import di tecnologie spaziali e loro validazione.

Le PMI italiane dello spazio: rischiano di non sopravvivere

Tutto ciò colpisce con forza le piccole e medie imprese spaziali italiane, vero motore di innovazione. Aziende come Argotec, D-Orbit, NPC, Tyvak, Qascom, Leaf Space o Altec, nonostante siano leader tecnologici, vivono costantemente sul filo della sopravvivenza per via dei ritardi burocratici che compromettono liquidità e pianificazione.

Per loro, ogni settimana di attesa rappresenta una potenziale perdita di mercato, un ostacolo allo sviluppo e persino il rischio di fallimento o acquisizione da parte di concorrenti esteri più veloci.

Il tempo è sovranità e competitività geopolitica

Nel contesto attuale, perdere tempo non significa solo ritardare progetti industriali: significa perdere potere geopolitico, capacità di negoziazione internazionale e sovranità tecnologica.

L’Europa e l’Italia devono scegliere se continuare a discutere o iniziare a correre davvero. Il tempo nello spazio non è un’opzione, è una risorsa strategica. E chi rimane indietro rischia di restare definitivamente fuori dall’orbita della competizione globale.

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