È quasi sempre una questione di definizioni e le startup innovative non fanno eccezione: più di 500 realtà italiane non possono essere più chiamate tali perché non rispettano i nuovi requisiti resi noti dal Governo per ricevere aiuti e agevolazioni fiscali, detrazioni ed esenzioni. A renderlo noto è stato il Mimit, Ministero delle Imprese e del made in Italy, tramite una circolare che chiarisce tutte le perplessita sullo Scaleup Act.
Delle 817 startup innovative che da più di cinque anni sono iscritte all’albo speciale del registro delle imprese della Camera di commercio, il 71% non ha più i requisiti per farne parte. Nello specifico, sono 584 le aziende che – pur essendo all’avanguardia – “devono essere cancellate d’ufficio”. Passeranno al registro delle pmi innovative e dovranno rispettare altre regole.
I punti poco chiari e la confusione generata
A fare insorgere gli esperti del settore è stata la poca chiarezza dei mesi scorsi, che ha impedito loro di chiudere i bilanci dei clienti. Si era di fronte a un bivio, ma non si sapeva quale strada si dovesse intraprendere. Le possibilità erano o rimanere startup innovativa, con il rischio di ricevere una bocciatura dalla Camera di Commercio e perdere le agevolazioni, oppure spostarsi preventivamente nel registro delle piccole e medie imprese innovative accollandosi gli oneri del caso.
Secondo le nuove direttive, non ci sono aiuti per chi rientra nel settore di “agenzia e consulenza“, ma come si stabilisce chi ci rientra o meno? “Per consulenza bisogna intendere una prestazione lavorativa professionale da parte di un’impresa che, avendo accertata esperienza e pratica in una materia, consiglia e assiste il proprio cliente”, ha fatto sapere il Mimit tramite la sua circolare. Così vengono escluse tutte le imprese con codici Ateco 70.2 e 74.99, rispettivamente consulenza imprenditoriale e attività professionali e tecniche. Restano fuori anche quelli subordinati, dalla consulenza agraria a quella di sicurezza, da quella ambientale all’enogastronomia.
Un’agenzia è “un’impresa che ha per scopo l’esercizio di funzioni intermediarie per l’assunzione e trattazione di affari”. A fare fede è la descrizione che l’azienda fa del proprio lavoro in fase di autocertificazione. Per le startup già iscritte che ricadono in una di queste due categorie, è previsto un regime transitorio: avranno tempo fino alla prossima dichiarazione annuale per dimostrare il cambio di attività prevalente. Il Governo Meloni ha introdotto anche l’obbligo di rientrare nella definizione europea di piccola e media impresa, con un valore totale della produzione non superiore ai 5 milioni di euro.
Tempi di iscrizione all’albo speciale
Nell’albo speciale delle startup innovative la permanenza ex lege è di tre anni, ma diventano cinque anni per chi continua a rispettare i requisiti. Fra questi ci sono: il 25% delle spese destinate a ricerca e sviluppo, un contratto di sperimentazione con un ente pubblico, un brevetto, una riserva patrimoniale di almeno 50 mila euro a seguito di un convertendo o un aumento di capitale con almeno un investitore istituzionale, un aumento dei ricavi operativi o della forza lavoro del 50% tra il secondo e il terzo anno di attività. Il tempo si dilata a nove anni per chi dimostra di essere nella fase di scaleup.
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