VENEZIA – Non assolvo la presidente della commissione Ursula von der Leyen ma mi metto nei suoi panni: difficile trattare per 27 Paesi diversi. La boccio per quanto ha fatto prima: non ha difeso l’industria e ora dobbiamo fare i conti con questi dazi al 15% per vendere in Usa, il triplo di quelli di prima. Se a questo sommiamo anche la svalutazione del dollaro del 10-12% arrivi ad avere una penalizzazione del 25%. È una follia che rischia di costare caro anche al Veneto. E purtroppo le montagne russe non sono finite, ci sono ancora troppe incertezze, non si sa quali saranno i beni a tariffe zero. E c’è da affrontare anche la minaccia dei prodotti cinesi».
Paola Carron è presidente di Confindustria Veneto Est, l’associazione che riunisce le imprese di Padova, Venezia, Treviso e Rovigo, aree da dove arriva quasi la metà dell’export regionale in Usa. Alla vigilia del “D Day” affronta i problemi sul tappeto chiedendo alla Ue e all’Italia politiche precise per non far deragliare la locomotiva industriale del Nordest.
Presidente, l’intesa tra Usa e Ue sui dazi dopo un momento di sollievo è stata aspramente criticata dai suoi colleghi imprenditori: il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto?
«Bisogna essere obiettivi, da imprenditore uno dovrebbe cercare sempre di vedere le cose positive, però siamo di fronte a una situazione con molti lati oscuri sulla portata dei nuovi dazi. Da mesi andiamo avanti con queste trattative, i grandi proclami di Trump e il loro repentino annullamento hanno creato un clima di grande incertezza. Che purtroppo non è ancora finito».
Confindustria Vicenza boccia decisamente la presidente von der Leyen. E lei?
«Capisco anche la difficoltà di mettere d’accordo 27 Paesi, ma è da anni che la nostra industria non è stata difesa e penalizzata. Questa poteva essere un’occasione per recuperare. Una guerra commerciale era da evitare, ma non siamo felici di questo compromesso».
Compromesso al ribasso?
«Per questo si deve continuare e negoziare».
Confindustria descrive danni all’export per 20 miliardi. Le ripercussioni per le imprese venete?
«Si parla da 1 a 4 miliardi di possibile perdita di export verso gli Usa. Un prezzo da pagare ci sarà, questo è sicuro. Potremmo perdere circa il 10% delle nostre vendite. Le imprese che io rappresento, cioè quelle di Treviso, Padova, Venezia e Rovigo, da sole esportavano nel 2024 per oltre 3 miliardi. I conti sono presto fatti».
Quali i settori più a rischio?
«Quelli classici del made in Italy: il vino, la meccanica, gli occhiali, calzature, abbigliamento, mobili. Pensi che esportavamo 135 milioni di bottiglie di Prosecco in Usa all’anno. C’è poi il sistema Moda, un settore che già è in sofferenza strutturale, con questa batosta sarà sicuramente da sostenere».
Come sostenere le imprese?
«La Ue deve reagire con fermezza, visione, determinazione, quello che stiamo vivendo non è un fatto estemporaneo: è cambiato il mondo. Vanno attivate clausole di salvaguardia anche per evitare l’invasione dei prodotti cinesi a basso costo e ad alto valore tecnologico. Poi abbiamo i dazi interni che appesantiscono la nostra attività in Europa: si devono tagliare burocrazia, norme, le multe alla manifattura, assurdo auto infliggerci questa tassa. Servirebbe un piano straordinario per l’industria, per aumentare la nostra competitività e la produttività attraverso investimenti e semplificazione. Sforando anche il patto di Stabilità come per la difesa. E c’è bisogno anche un piano di sostegno italiano. Dotare il nostro Paese di una rete infrastrutturale moderna, integrata ed efficiente».
Poi al Brennero si rischia di fermare tutto.
«Quello del Brennero è uno di quei famosi dazi interni che eliminati porterebbero secondo Draghi a mille miliardi di Pil in più».
La Regione Veneto cosa può fare?
«Quello che può nell’ambito del territorio, attrarre investimenti e lavorare sulle infrastrutture per quanto di sua competenza».
Tra le more dell’intesa con Trump c’è anche l’obbligo di comprare gas dagli Usa, dove costa molto di più. Altra polpetta avvelenata di quest’intesa?
«L’accordo sui dazi con gli Usa rischia di creare una nuova dipendenza dopo quella con la Russia, ma in ogni caso saremo dipendenti. Come Confindustria chiediamo da tempo di disaccoppiare i prezzi del gas da quelli dell’elettricità, di potenziare le rinnovabili (frenate dalle burocrazie) e il varo dell’energia nucleare di nuova generazione. Per questo l’Italia deve iniziare ad affrontare questo problema con una visione a lungo termine, il nostro governo deve fare di più per cercare alternative e soluzioni».
Nel frattempo il Pil italiano frena. E il Veneto?
«C’era qualche segnale positivo, questi dazi sono una mazzata soprattutto sulla fiducia e sullo spirito. Ma non mi esprimo su quello che accadrà».
E sospira.
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