Cassa integrazione per 800 operai


In questo momento ci sono 110 dipendenti della Draxton in cassa integrazione straordinaria e 310 dell’Agritalia, 80 della Solmec, 261 della Aso e 25 della Agco in cassa integrazione ordinaria.

Sono gli effetti della crisi del metalmeccanico, che in una realtà pur con numeri ridotti come quella polesana incide per circa 800 posti di lavoro. Ad evidenziarlo, alla vigilia delle consuete chiusure estive, puntellate da cassa ordinaria e straordinaria in molte realtà venete, è la Fiom del Veneto, con il segretario generale regionale Antonio Silvestri che rimarca: “Il Veneto, con una metalmeccanica fortemente orientata all’export e una presenza diffusa di imprese multinazionali, si trova oggi in una posizione di particolare vulnerabilità. Le tensioni geopolitiche internazionali e le crescenti guerre commerciali stanno già lasciando segni visibili sull’industria metalmeccanica, e rischiano di aggravarsi nei prossimi mesi. Dazi, restrizioni all’export, ritorsioni incrociate tra grandi potenze industriali non sono solo un tema da analisti o mercati finanziari. Sono questioni che colpiscono direttamente i lavoratori, gli impianti, l’occupazione. E a pagare il prezzo, come sempre, sono i lavoratori: con il ricorso alla cassa integrazione, precarizzazione dei rapporti di lavoro e le riduzioni del personale”.

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Anche perché, nota la Fiom, “le crisi che si stanno registrando in questo periodo nel mondo metalmeccanico non sono annoverabili come fenomeni passeggeri. Le imprese venete più grandi, spesso multinazionali o in mano a fondi, tendono a riorganizzare la produzione su scala internazionale, penalizzando i territori periferici come il nostro Paese. Quelle più piccole, se non supportate da una politica industriale nazionale e regionale forte, rischiano di essere travolte. Inoltre, gli ammortizzatori sociali attuali non sono adeguati ad affrontare la situazione odierna e servono nuove misure di sostegno al reddito che tengano in considerazione della situazione attuale e del costo della vita”.

E il Polesine si trova ad essere periferia di questa periferia. Con un tessuto industriale ma anche sociale ancora più fragile del resto del Veneto.-

Come sottolinea il segretario Fiom di Rovigo Davide Benazzo, “oltre al tema della crisi generale che sta colpendo manifatturiero e metalmeccanico, noi soffriamo doppiamente per quella che è la difficoltà di una provincia in fase di spopolamento e con scarsi investimenti. Con le scelte del Governo sulle aree interne che sono macigni. Questo è un tema che la politica locale dovrà affrorntare, in un contesto di incremento della povertà e di difficile tenuta dei servizi. Perché va evidenziata anche la difficoltà di ricollocare i lavoratori che che si trovano in difficoltà per le crisi in un territorio che si sta desertificando non solo industrialmente ma anche demograficamente. Per questo, ci vuole un patto territoriale”.





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