Le banche italiane registrano profitti record. Intesa Sanpaolo, solo nel primo semestre del 2025, segna utili per 5,1 miliardi di euro. Gli azionisti festeggiano dividendi straordinari, con una previsione di distribuzione agli stessi di 8,2 miliardi entro l’anno prossimo. Ma mentre le banche brindano, le imprese – soprattutto quelle del settore delle costruzioni – soffocano.
Lo dice chiaramente l’Osservatorio CRIF: il credito alle imprese è cresciuto complessivamente dell’8,6% nel primo trimestre 2025, ma il settore delle costruzioni – tra i principali motori dell’economia reale – registra un crollo del -12% nei finanziamenti concessi. A fronte di tassi di default in aumento, le banche chiudono i rubinetti, aggravando una crisi strutturale già drammatica.
«Siamo davanti a una distorsione insopportabile, eticamente inaccettabile e strategicamente suicida – dichiara con fermezza Antonio Lombardi, Presidente nazionale di Federcepicostruzioni –. Le banche fanno utili a miliardi ma negano credito proprio a quel comparto che più contribuisce alla crescita del Paese, all’occupazione, all’innovazione dei territori. È una vergogna nazionale.»
Secondo CRIF, il settore delle costruzioni – insieme a quello tessile – è l’unico comparto in controtendenza: meno credito concesso, più rischio percepito. Ma la percezione non sempre coincide con la realtà.
Chi investe nell’edilizia oggi affronta già una giungla normativa, una burocrazia paralizzante e un’incertezza regolatoria costante. Se a questo si aggiunge un sistema bancario che nega liquidità, stiamo condannando l’intero sistema Paese a una stagnazione strutturale. Senza edilizia non c’è crescita, non c’è riqualificazione, non c’è transizione ecologica.
Le banche, in nome di una presunta “prudenza”, stanno disinvestendo proprio dove dovrebbero rafforzare il proprio impegno. È evidente – secondo Federcepicostruzioni – che si preferisca la rendita finanziaria al sostegno dell’economia reale.
Federcepicostruzioni propone un meccanismo di responsabilità sociale per gli istituti bancari: almeno il 20% degli utili netti annui dovrebbero essere destinati a linee di finanziamento garantite e agevolate per imprese che investono in edilizia sostenibile, rigenerazione urbana, efficientamento energetico e messa in sicurezza del territorio.
I soldi ci sono. Mancano il coraggio e la volontà politica di indirizzarli dove servono: alle imprese vere, quelle che lavorano, assumono, innovano.
Basta con una finanza autoreferenziale che dimentica le fondamenta dell’economia reale: senza costruzioni, non c’è futuro.
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