Reggio Emilia, sequestrati 36 milioni di euro all’imprenditrice delle truffe seriali: «Società intestate ad altri per avere finanziamenti e fare la bella vita»


di
Adriano Arati

L’operazione della Guardia di Finanza di Bologna coordinata dalla Procura reggiana: Patrizia Gianferrari, 69enne originaria di Sassuolo era già finita al centro di inchieste. La donna e i figli avevano 38 immobili in tutta Italia

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Oltre 36 milioni di euro sequestrati a un’imprenditrice emiliana con parecchi precedenti alle spalle e ai suoi figli. Ha un enorme impatto economico e ramificazioni in mezza Italia l’operazione condotta dal comando provinciale di Bologna della Guardia di Finanza e che vede al centro Patrizia Gianferrari, 69enne originaria di Sassuolo e da tempo residente a Castellarano di Reggio Emilia, nel comprensorio ceramico del Secchia. La donna è stata coinvolta e condannata diverse volte per frodi e truffe finanziare.

Il sequestro da 36 milioni di euro all’imprenditrice Gianferrari

L’azione coordinata dalla Guardia di Finanza bolognese ha visto la collaborazione dei colleghi di Roma, Milano Firenze, Venezia, Verona, Ravenna, Padova, Treviso, Como, Novara, Lodi, Terni e Potenza. Insieme hanno effettuato il sequestro di un corposo patrimonio di 36.5 milioni di euro nella pratica riferibile alla Ferrari, diviso tra conti bancari, società intestate a terzi specializzate nel commercio di ferro e materie plastiche e altre che operano nel settore immobiliare. 




















































L’elenco è lungo, a ora si parla di 38 beni immobili, terreni e fabbricati presenti nelle province Reggio Emilia, Modena, Rimini, Milano, Lodi e Padova, 5 mezzi a motore, 94 tra conti correnti e rapporti bancari vari, 12 quote di partecipazione in società, 147.200 euro in contanti, 19 orologi di valore molto elevato, nell’ordine delle decine di migliaia di euro, e parecchi gioielli e monili.

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Case, orologi e contanti: il patrimonio condiviso con i figli

Un bilancio non da poco, che segna la conclusione di una lunga inchiesta portata avanti nell’ultimo anno dalla Procura della Repubblica di Reggio Emilia e concretizzata dai finanzieri bolognesi dopo il provvedimento deciso dalla sezione specializzata in Misure di Prevenzione del tribunale bolognese. A dare il via al lavoro, una serie di verifiche su soggetti potenzialmente a rischio di prevenzione patrimoniali come previsto dal Codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione.

I dettagli sono stati presentati a Bologna dal comando della Finanza e dal Procuratore capo di Reggio Emilia Gaetano Paci.

Secondo gli inquirenti, i beni ora sotto vincolo giudiziario non erano proporzionati, anzi, rispetto alle entrate ufficiali della Gianferrari. Il gettito appariva esiguo, ben lontano dai milioni di euro in realtà in sua disponibilità.

Il reticolo di società per ottenere finanziamenti

La donna e i due figli, è la teoria, hanno costruito un reticolo di società, in gran parte intestate a persone compiacenti e nella pratica guidate dalla famiglia Gianferrari; queste realtà venivano usate per arrivare a una serie di finanziamenti bancari, tra cui alcuni garantiti dallo Stato. Una volta ottenute le somme richieste, queste veniva usate per tenere un elevatissimo tenore di vita, senza alcun reinvestimento nelle teoriche attività aziendali. Non una novità per la Gianferrari, da decenni al centro di continue indagini che hanno lambito anche la ‘ndrangheta.

Il procuratore capo di Reggio Emilia: «Un fenomeno unico»

Ha fatto girare i propri affari grazie ad una «consolidata rete di soggetti compiacenti», ma non solo: «Con fare estremamente spregiudicato non ha esitato ad avvalersi anche di complicità, connivenze e collusioni con soggetti appartenenti alla criminalità organizzata. E’ emerso il suo coinvolgimento in indagini che riguardano il clan Di Lauro di Napoli e uno strettissimo collegamento con Massimo Ciancimino», nell’ambito di un procedimento «in cui entrambi sono stati condannati per associazione a delinquere». 

A segnalarlo è il capo della procura reggiana, Calogero Gatano Paci. Le indagini hanno portato alla luce «un fenomeno estremamente pervasivo e pericoloso» per il sistema economico non solo di un territorio «virtuoso e sano» come quello dell’Emilia-Romagna, aggiunge in conferenza stampa Paci, ma anche di tante altre zone del Paese: si parla di un fattore «di profonda alterazione del sistema della democrazia economica e soprattutto della libera concorrenza, che ha portato alla creazione di un ruolo di egemonia in un determinato settore economico ma anche nei rapporti con il sistema bancario e con la pubblica amministrazione». 

Un caso, per il magistrato, senza precedenti: «A mia memoria costituisce un unicum davvero eclatante e originale della capacità di conseguire illecitamente continui rimpinguamenti finanziari da parte del sistema bancario». Questo creando «un danno enorme al sistema economico dell’Emilia-Romagna e delle altre regioni dove sono stati rinvenuti beni e sedi di numerose società aperte e chiuse nell’arco di poco tempo, mettendo a rischio la libera iniziativa economica e la parità di condizione degli operatori».

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31 luglio 2025 ( modifica il 31 luglio 2025 | 18:35)

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