Oggi la scure dei dazi, l’Ue paga il 15% in più e scatta il toto-tariffe


Oggi scatteranno i dazi Usa al 15% sulle merci europee accettati domenica scorsa dalla presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen tra una partita e un’altra su un campo di golf scozzese di Donald Trump. Ancora ieri mancava un accordo scritto. La portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt ha sostenuto che potrebbe arrivare entro le sei del mattino in Italia (mezzanotte a Washigton). «So che i leader stranieri stanno telefonando a Trump perché hanno capito che questa scadenza è concreta» ha detto. Tutto Fino all’ultimo tutto dipende dal Capo. Questo è il messaggio.

LO HA CONFERMATO un singolare, e contorto, incontro tra la Commissione Ue con la stampa avvenuto ieri a Bruxelles. «Oggi i dazi limitati al 15% con alcune esenzioni settoriali entreranno in vigore, questa è la nostra intesa» ha spiegato il portavoce Olof Gill. Il problema è che queste «esenzioni», almeno fino a ieri sera, non erano state ancora ufficializzate. Le trattative erano ancora in corso. E, anche nel caso in cui oggi (o un altro giorno) arrivi l’intesa vera e propria, il documento non sarà «giuridicamente vincolante, ma piuttosto un insieme di impegni politici, una tabella di marcia da cui proseguire la nostra cooperazione» ha detto Gill.

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NELLA PIÙ GRANDE incertezza ieri la Commissione Ue ha sostenuto che i dazi colpiranno anche «vino e alcolici» e che, al momento, «non sono inclusi tra le esenzioni nel primo gruppo annunciato dagli Stati Uniti. Come tutti gli altri settori economici, anche questo rientrerà nel massimale del 15%». «Vi comunicheremo tempi più precisi quando saranno conosciute le esenzioni». A meno che nella notte non arrivi la lista delle esenzioni che renderanno «sostenibili» i dazi (lo ha detto Giorgia Meloni) i produttori di vino pagheranno la gabella. Prevedibile sarà il piagnisteo per i fatturati perduti e la richiesta immediata di indennizzi al governo. Fino a quando durerà il toto-dazi la politica non parlerà d’altro che di questo.

NON È FORSE NEMMENO del tutto chiaro se il 15% dei dazi sarà aggiuntivo, come risulterebbe da un’interpretazione del comunicato della Casa Bianca del 28 luglio, oppure è il tetto massimo che comprendere i dazi già in vigore come sostiene invece l’Unione Europea in una nota del 27 luglio. Per quest’ultima si applicherà «il massimale del 15% anche a eventuali futuri Dazi su prodotti farmaceutici e semiconduttori, compresi quelli basati sulla Sezione 232″ del Trade Expansion Act la cui indagine terminerà l’8 agosto». E fino ad allora, questi beni «rimarranno soggetti solo ai Dazi della nazione più favorita (con una media del 4,8%) statunitensi».

È STATA CHIESTA ai portavoce Ue una conferma di quanto hanno sostenuto gli americani nel loro comunicato a proposito della «Digital tax»: le trattative riguardano anche questo capitolo? «Assolutamente no» ha risposto Gill, attento a non irritare la Casa Bianca che invece è convinta del contrario. «L’Ue e i suoi Stati membri hanno il diritto sovrano di legiferare sulle nostre attività economiche – ha detto un altro portavoce della Commissione Ue, Thomas Regnier – Questo, ovviamente, include anche le infrastrutture digitali. A proposito di infrastrutture digitali, abbiamo pubblicato un Libro Bianco lo scorso febbraio. Riteniamo che imporre una tassa di rete non sia una soluzione praticabile. In quest’ottica, è importante chiarire ora che tale esenzione non si applicherebbe solo alle aziende statunitensi». Insomma, Zuckerberg & Co. stiano tranquilli. L’Europa difende la sua «sovranità», ma non vuole rompere con Trump. Quindi non farà nulla contro i suoi protetti.

ACCIAIO E ALLUMINIO. Nemmeno il sistema delle quote per il commercio tra Usa e Ue dovrebbe essere parte del testo congiunto atteso. «Lavoriamo per avere qualcosa di pronto e praticabile il prima possibile» ha sostenuto Gill. L’Ue vorrebbe creare un sistema di quote tariffarie, legate ai livelli storici degli scambi commerciali. Per il momento i dazi sull’acciaio, un settore in crisi profonda in Europa, restano al 50%.

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LA SUBALTERNITÀ dell’Ue emerge da un contorto ragionamento per cui i suoi portavoce hanno ribadito ieri il fatto che pagare il 15%, e non il 30% come minacciato da Trump, permetterà di avere «una posizione molto più forte in termini di stabilità e prevedibilità per le imprese e i consumatori». Nel senso che saranno consapevoli della cifra da pagare per ammortizzare il costo del debito Usa, finanziare il taglio dei servizi pubblici a favore dei miliardari e consolidare il comando di Trump.

E LE CONTROMISURE da 93 miliardi che erano state minacciate, più ad uso interno per le opinioni pubbliche europee che per spaventare gli Usa? Sono state sospese fino al 7 agosto. Ma, ha aggiunto Gill, «se tutto procede come previsto, ovviamente sospenderemo i dazi di ritorsione. Se abbiamo raggiunto un accordo, non ne abbiamo bisogno». L’accordo è pagare senza ritorsioni. E sperare, fino alla fine, di strappare uno sconto. Per rendere «sostenibile» il ricatto. Quando arriveranno i prossimi, ci si penserà.



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