Dazi, il tempo è scaduto: l’Europa tratta sul testo definitivo. Alcolici e web tax i nodi da sciogliere


Roma, 1 agosto 2025 – Una vigilia di passione, negoziazioni e chiose. Ma, alla fine, regna l’incertezza su quello che accadrà oggi nella partita dei dazi tra Ue e Usa. A Bruxelles si attendono che Donald Trump, anche in assenza di un testo congiunto che traduca in concreto l’accordo politico scozzese, dia corso alla tariffa generalizzata del 15%. Ma nessuno si sente di escludere che il presidente americano faccia partire l’aliquota del 30% minacciata nella lettera all’Europa, in attesa della conclusione operativa dell’intesa. Tutto questo mentre si moltiplicano trattative dell’ultim’ora (il Messico ha ottenuto una prororga di tre mesi, mentre la Corea del Sud ha raggiunto un’intesa) e fioccano minacce a Paesi (Canada in testa) o su specifiche categorie di imprese, come l’ultimatum per il taglio dei prezzi dei farmaci lanciato dal tycoon verso Big Pharma. All’insegna del nuovo-vecchio slogan del capo della Casa Bianca: “I dazi stanno rendendo l’America di nuovo grande e ricca”.

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Donald Trump

Le trattative

“I negoziatori di Ue e Usa stanno lavorando” per finalizzare “la dichiarazione congiunta” sull’intesa di principio sui dazi raggiunta domenica da Ursula von der Leyen e Trump sul campo da golf di Turnberry. A spiegarlo è un portavoce della Commissione europea. La dichiarazione congiunta su cui l’Ue e gli Usa stanno lavorando “non è legalmente vincolante: è un impegno politico, una tabella di marcia”. Da quel momento cominceranno i negoziati per “ulteriori esenzioni”. “La Commissione europea – trainata dalla spinta di Italia e Francia sull’agroalimentare, si spiega – rimane determinata a raggiungere e garantire il numero massimo di esenzioni” sui dazi Usa “anche per prodotti tradizionali come vini e liquori”, ma “non ci aspettiamo che vini e liquori siano inclusi tra il primo gruppo di esenzioni che saranno annunciate dagli Stati Uniti”. L’acciaio e l’alluminio restano inchiodati alla scure più pesante del 50%, in attesa di un sistema di quote su cui però le posizioni tra le due sponde dell’Atlantico continuano a divergere. E la sorte di settori strategici – microchip e farmaci in testa – è rimessa ai provvedimenti statunitensi.

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La scadenza

Ma il gong sta per suonare e l’Europa si affida alla stretta di mano tra von der Leyen e Trump, confidando che allo scoccare del primo agosto la Casa Bianca traduca l’accordo politico in atti concreti: decreti esecutivi con una tariffa base del 15% sulla maggior parte dei prodotti. Se così non fosse, lo spettro di dazi al 30% tornerebbe a farsi concreto, accanto alle aliquote già messe nero su bianco dal tycoon per tutti quei Paesi che non hanno siglato un’intesa entro oggi. L’unica certezza, messa in luce dal segretario Usa per il Commercio, Howard Lutnick, è che “ci sarà ancora molto da negoziare”. Certo è che Palazzo Berlaymont si prepara a congelare – dal 4 agosto e per sei mesi – i controdazi Ue sui beni statunitensi per un valore complessivo di 93 miliardi di euro.

Big tech

Il fronte diventa terreno di uno scontro sempre più duro. Per ammorbidire il tycoon, prima dell’incontro scozzese, Bruxelles ha accantonato – pur senza ammetterlo apertamente – l’ipotesi di una tassazione per le Big Tech, dalla web tax al fair share. L’idea di un contributo obbligatorio a carico delle major a stelle e strisce per l’uso delle reti europee “non è una soluzione praticabile”, ha ammesso un portavoce richiamandosi alle conclusioni del White paper del febbraio 2024, confermando di fatto quanto affermato da Washington che, nella nota informativa sull’accordo sui dazi, ha messo nero su bianco la rinuncia di Bruxelles a tassare i servizi digitali. Seppur, è stata la precisazione Ue, la scelta “non riguarda soltanto le aziende Usa” e la sovranità normativa nel settore resta una linea rossa.



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