Da aprile sono in vigore i nuovi codici Ateco, strumento cruciale anche per definire i regimi fiscali e doganali applicabili, soprattutto ora alla luce delle tariffe al 15% decise da Trump sulle merci europee
Nella notte tra il 31 luglio e l’1 agosto, un nuovo capitolo della guerra commerciale tra l’Europa e gli Stati Uniti è stato scritto con la conferma dei dazi al 15% sulle esportazioni europee. Anche volendo vedere il bicchiere mezzo pieno (la minaccia del presidente americano era di dazi al 30%), si tratta comunque di un colpo diretto all’industria italiana, soprattutto quella vocata all’export, che dovrà affrontare una nuova tempesta di incertezze. La tariffa del 15% colpisce, almeno in questa prima fase, anche le icone del made in Italy, come vino, olio e prosciutto. E per ora non sono previste esenzioni, anche se la Commissione europea – trainata dalla spinta di Italia e Francia sull’agroalimentare – si è detta «determinata» nel voler strappare «il numero massimo possibile di deroghe». Ma mentre si attende di capire quali potranno essere gli ulteriori sviluppi, le aziende italiane sono già alle prese con le nuove modifiche al sistema dei Codici Ateco, strumento cruciale anche per definire i regimi fiscali e doganali applicabili.
Codici Ateco 2025, nuove regole, nuove sfide
Tutto questo, potrebbe generare qualche difficoltà, soprattutto per le piccole e medie imprese che possono non avere né le risorse né le competenze per districarsi nella nuova classificazione delle attività commerciali in vigore dal 1° aprile 2025. Questa revisione coordinata dall’Istat, che sostituisce la versione precedente Ateco 2007, già aggiornata nel 2022, ha comportato modifiche nella struttura e nei contenuti dei codici, con l’obiettivo di allinearsi meglio alla realtà economica attuale e alle normative europee. Ma un errato aggiornamento del codice potrebbe comportare l’applicazione di regimi fiscali o contributivi non adeguati. E’, dunque, essenziale che le aziende aggiornino tempestivamente i loro codici Ateco e verifichino la classificazione doganale dei loro prodotti per evitare problematiche fiscali e doganali.
Le implicazioni per le imprese
Alla luce di tutto questo, ecco cosa cambia concretamente per le imprese:
* Aggiornamento obbligatorio. Le imprese devono aggiornare i propri codici Ateco nelle dichiarazioni fiscali e negli atti presentati all’Agenzia delle Entrate. In caso di variazione dell’attività, è necessario comunicare il nuovo codice tramite la Comunicazione Unica (ComUnica) o i modelli AA7/10, AA9/12, AA5/6 disponibili sul sito dell’Agenzia delle Entrate.
* Impatto sugli ISA. La revisione dei codici Ateco ha comportato modifiche anche negli Indici Sintetici di Affidabilità Fiscale (ISA), con l’eliminazione di alcuni codici non più operativi. Le imprese, dunque, devono verificare se la loro attività è stata correttamente riclassificata per evitare problematiche fiscali.
Nuovi dazi e codici Ateco
Per quanto riguarda i nuovi dazi, già dal 9 aprile scorso, gli Stati Uniti avevano introdotto una tariffa aggiuntiva del 10% su tutte le importazioni provenienti dall’Unione Europea, che si sommava ai dazi preesistenti del 4,8%. Con l’accordo firmato da Trump, di fatto si cristallizza e si vara quell’aliquota, arrotondata per eccesso al 15%. Tra le merci che l’Italia esporta negli Usa, alcune saranno più danneggiate di altre dai dazi. In cima alla lista, al momento, ci sono i prodotti delle aziende della meccanica e dell’agroalimentare, insieme a quelle della farmaceutica, della moda-pelle e dell’occhialeria, gioielli, arredamento. Per acciaio e alluminio, ad esempio, resta in vigore la barriera del 50%, anche se in prospettiva si discute un possibile meccanismo di quote. Resta, dunque, da vedere con le ulteriori trattative, quali esenzioni l’Europa riuscirà a strappare.
Intanto, ecco cosa devono considerare le aziende che esportano:
* Verifica della classificazione doganale. È fondamentale assicurarsi che i prodotti siano correttamente classificati secondo il Sistema Armonizzato (HS) per determinare l’aliquota doganale applicabile.
* Analisi della filiera produttiva. Le imprese devono verificare l’origine dei componenti utilizzati nei loro prodotti. Se almeno il 20% del valore del prodotto è di origine statunitense, il dazio aggiuntivo si applica solo sulla parte non statunitense.
* Consultazione con esperti doganali. È consigliabile collaborare con spedizionieri e consulenti doganali per garantire una corretta gestione delle pratiche di importazione e per esplorare eventuali esenzioni o riduzioni dei dazi disponibili.
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