L’Italia ha ufficialmente chiesto di poter accedere al fondo Safe, lo strumento messo in campo da Bruxelles per finanziare la spesa militare degli Stati membri nell’ambito del piano ReArm Europe. Si tratta di un meccanismo europeo che consente l’erogazione di prestiti a lungo termine – con rimborsi distribuiti su un arco temporale esteso fino a 45 anni – finalizzati al rafforzamento della capacità industriale e strategica del comparto difesa.
Difesa, Italia richiede l’accesso ai prestiti europei
Secondo fonti governative, la richiesta è stata formalizzata con una lettera inviata nella notte alla Commissione europea, confermando le anticipazioni circolate nelle scorse ore su alcuni media. La decisione è maturata durante un vertice ristretto, tenutosi ieri all’alba, cui hanno partecipato la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, i vicepremier Antonio Tajani e Matteo Salvini, e il ministro della Difesa Guido Crosetto.
Un prestito strategico in un momento di transizione
L’adesione dell’Italia al piano ReArm Europe, attraverso il canale del Safe, rappresenta un passaggio significativo sul fronte della difesa comune europea e della modernizzazione dell’apparato militare. Il fondo è stato concepito non solo per sostenere gli investimenti nei sistemi d’arma, ma anche per incentivare l’innovazione tecnologica del settore, promuovendo la competitività delle industrie nazionali della difesa.
L’iniziativa risponde anche a una logica di convergenza strategica: Bruxelles intende spingere i Paesi membri verso un maggior coordinamento degli approvvigionamenti e una progressiva riduzione della dipendenza da fornitori extra-UE. Per l’Italia, che vanta un comparto industriale della difesa avanzato ma frammentato, l’accesso ai fondi Safe può tradursi in un’opportunità di consolidamento industriale e crescita tecnologica.
Impatto macroeconomico e contabile
Dal punto di vista delle finanze pubbliche, il prestito Safe rappresenta uno strumento relativamente favorevole. L’estensione del periodo di rimborso fino a 45 anni consente di diluire l’impatto sul bilancio statale, evitando pressioni immediate sul deficit. Inoltre, trattandosi di fondi destinati alla difesa e legati a un programma comunitario, potrebbero essere classificati fuori dal perimetro del deficit secondo le regole fiscali europee, anche in vista della futura implementazione del Patto di Stabilità rivisto.
Resta da capire quale sarà l’entità della richiesta italiana e come verranno articolati i progetti finanziati. Ma la mossa di Palazzo Chigi si inserisce in un contesto più ampio di rafforzamento del pilastro europeo della difesa, alla luce del mutato scenario geopolitico e della crescente instabilità ai confini orientali dell’Unione.
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