Un dazio uniforme del 15% su una vasta gamma di prodotti europei e nessuna traccia di esenzioni chiare per i macchinari industriali, tra cui quelli per a lavorazione delle materie plastiche: l’accordo commerciale firmato in Scozia tra il presidente statunitense Donald Trump e la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen fa tremare l’industria manifatturiera italiana. A scendere in campo con toni duri è Amaplast, l’associazione che rappresenta oltre 170 costruttori italiani di macchine per plastica e gomma.
“Questo non è un accordo, è quasi una resa”, attacca senza mezzi termini il presidente di Amaplast, Massimo Margaglione (nella foto). “In un momento già complesso per l’export, introdurre un dazio del 15% rischia di essere un colpo durissimo per le nostre imprese”.
Il settore delle macchine per plastica e gomma esporta circa il 10% del proprio fatturato complessivo negli Stati Uniti. Con il nuovo scenario commerciale, l’accesso a uno dei mercati più strategici rischia di complicarsi ulteriormente, anche alla luce della debolezza del dollaro e dell’incertezza economica globale.
Ma non sono solo i dazi a preoccupare. L’accordo prevede anche impegni economici monstre da parte dell’Unione Europea: 750 miliardi di dollari in acquisti energetici dagli USA nei prossimi tre anni, 600 miliardi in investimenti industriali sul suolo americano, e forniture militari ancora da definire. Tutto questo – secondo Amaplast – senza contropartite concrete per l’industria europea.
A inquietare è anche la mancata rimozione del dazio del 50% sull’acciaio europeo, che pesa direttamente sui costi di produzione per molte imprese manifatturiere.
Amaplast lancia quindi un appello urgente al Governo italiano e alle istituzioni europee: servono chiarimenti immediati sulle eventuali esenzioni previste dall’intesa e, soprattutto, una strategia industriale e monetaria europea all’altezza della sfida.
Il timore è che senza una visione condivisa si finisca per compromettere non solo la competitività del Made in Italy, ma anche la coesione sociale del continente. “Non possiamo permettere che l’imprenditoria venga lasciata sola ad affrontare scenari internazionali tanto instabili”, conclude Margaglione. “Le nostre aziende esportano oltre il 70% della produzione: meritano risposte, non silenzi”.
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