Il sindaco caccia dal cantiere l’impresario vicino ai boss. Ma il Tar stoppa l’interdittiva antimafia


Prima gli hanno notificato un’interdittiva antimafia perché il suo nome compariva con una frequenza non trascurabile in indagini legate alle articolazioni della ‘ndrangheta nella provincia di Torino. Poi, il sindaco di Nichelino Giampietro Tolardo lo ha segnalato alla luce del fatto che stava realizzando in subappalto – il raddoppio di una scuola (la “Rodari” di via XXV Aprile con annesso parco urbano e ludoteca da 9 milioni di euro con fondi in parte del Pnrr) proprio nella sua città. Ma poche settimane fa il Tar, recependo in parte il ricorso dei legali, ha sospeso il provvedimento di stop dell’Antimafia con una motivazione che non nega i fatti investigativi da cui è gemmata, ma pone come priorità «la continuità aziendale e la conseguente salvezza, nell’imminente, dei rapporti di lavoro in essere con i 44 dipendenti».

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✅ Cos’è
È un provvedimento amministrativo con cui il Prefetto vieta a un’impresa di avere rapporti con la pubblica amministrazione, per sospetto rischio di infiltrazione mafiosa.

Chi la emette
Il Prefetto della provincia in cui opera l’impresa, sulla base di segnalazioni da forze dell’ordine e organismi antimafia (DIA, GdF, Carabinieri).

⚠️ Perché viene emessa
Non serve una condanna penale: bastano elementi indiziari che l’impresa sia:

  • controllata o influenzata da soggetti mafiosi;
  • legata a prestanome o a soggetti con precedenti;
  • coinvolta in anomalie societarie o in cartelli;
  • strumentale al riciclaggio o al controllo del territorio.

⛔ Cosa comporta
L’impresa perde l’accesso a:

Dilazioni debiti fiscali

Assistenza fiscale

 

  • appalti e gare pubbliche;
  • concessioni, licenze, autorizzazioni;
  • contributi e finanziamenti pubblici.

Viene di fatto esclusa dal mercato pubblico.

⚖️ Come si impugna
L’impresa può fare ricorso al TAR (con eventuale sospensiva) o ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

Come rientrare
In alcuni casi, è possibile “bonificare” l’impresa, rimuovendo figure problematiche e collaborando con le autorità, per chiedere una revoca o revisione del provvedimento.


Un sistema in continua revisione

Benvenuti nella “girandola” delle interdittive antimafia. Emanate, sospese, riformulate e riconsiderate: un valzer che non interessa soltanto la Tuccio Costruzioni srl di Nichelino, ma sempre più aziende negli ultimi anni (una prova ne è la ben più corposa Co.ge.fa). Nelle more di queste decisioni – spesso legittimamente di verso opposto nei vari gradi di giudizio – le aziende si fermano, i lavori anche. E quando arrivano i giudizi di merito definitivi sulla sussistenza del rischio di infiltrazione, restano i nodi aperti. Per gli enti pubblici e per le aziende.


I diversi punti di vista

Anche se qui tutti hanno le loro ragioni, sia chiaro. Quelle del sindaco Tolardo che meritoriamente si informa, scopre che in un cantiere pubblico del suo comune c’è un’azienda interdetta e si muove di conseguenza facendola estromettere dall’opera, quella dell’impresario che presenta – come ne ha diritto – ricorso, e quella dei giudici che esprimono il loro parere. «Il cantiere – ricorda oggi Tolardo – è concluso al 90%». Aggiunge: «La città di Nichelino è sempre stata molto attenta ai temi legati alla legalità e ci siamo immediatamente attivati con il Prefetto per avere elementi e per poterci muovere di conseguenza. Così appena ho ricevuto la comunicazione dalla Prefettura di Milano ho revocato l’autorizzazione alla Beltrami Costruzioni e a sua volta la ditta di Cremona ha revocato il subappalto all’impresario».


Il profilo dell’imprenditore Tuccio

La figura di Tuccio (non indagato) era comparsa per la prima volta negli atti dell’operazione Carminius. Il suo nome è tornato anche nell’inchiesta Factotum che ha portato in carcere il presunto capo della ‘ndrangheta in Piemonte Franco D’Onofrio (di Moncalieri) e il sindacalista Domenico Ceravolo. E Tuccio è collegato – negli atti – soprattutto alla figura del superboss Salvatore Arone (ribattezzato nell’ambiente della ‘ndrangheta “Padre Pio”) – non un picciotto, ma un capo vero.


Le strategie della ‘ndrangheta nell’edilizia

Titolare di una ditta di coltivazione di ortaggi, Arone, «si è inserito – si legge agli atti delle inchieste della Dda (pm Paolo Toso e Marco Sanini) – nel settore dell’edilizia avvalendosi di imprese individuali riuscendo ad esercitare una certa influenza sugli imprenditori operanti nel settore, spartendo i lavori edili di cantiere o fornendo le maestranze per l’esecuzione delle opere. La sua ingerenza nel campo dell’edilizia – è scritto – si è estrinsecata principalmente avvalendosi di imprenditori a lui vicini tra i quali (proprio, ndr) Tuccio».

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