Sfruttando gli incentivi per i nuovi impianti fotovoltaici è possibile liberarsi delle famigerate lastre che coprono ancora migliaia di capannoni e stalle. E chi ha aderito ai bandi Isi-Inail può farlo praticamente a costo zero
Da sempre, in agricoltura (e in Italia) l’innovazione è spinta da incentivi pubblici. Set aside, lavorazioni alternative, digitalizzazione e precision farming. Si calcola che Agricoltura 4.0, finanziando quasi al 50% l’acquisto di trattori connessi, abbia fatto fare alla meccanica agricola nazionale un salto di quasi 10 anni, rendendola una delle più digitalizzate d’Europa. In ambito energetico vale la stessa regola. Fu sfruttata, ormai 15 anni fa, per dare impulso al biogas. E impulso fu, pur tra qualche stortura (vedi l’impiego di colture nobili per produrre energia, oggi fortemente disincentivato).
Da qualche anno, lo stesso principio è stato applicato alla diffusione del fotovoltaico. Talvolta con incentivi fin troppo generosi (pochi anni fa arrivavano all’ottanta per cento dell’investimento iniziale), ma con l’indubbio merito di aver ricoperto di pannelli i tetti di capannoni e stalle.
Attualmente, sopravvivono due regimi incentivanti, per chi avesse perso il treno dell’agrisolare ma volesse comunque autoprodursi l’energia. Il primo passa per Agricoltura 5.0, un progetto che stenta a decollare ma che offre alcune prospettive degne di attenzione. L’altro, per le Comunità energetiche rinnovabili.
Al traino dei trattori
Agricoltura 5.0, che deriva dal decreto Transizione 5.0, è suddivisa in tre scaglioni, rispettivamente con credito d’imposta del 35, 40 e 45 per cento (per investimenti fino a 2,5 milioni di euro).
Visto lo scarso riscontro della prima fase, una successiva interpretazione del Gse ha allargato le maglie del provvedimento: procedure più semplici per la diagnosi energetica, riduzione dei vincoli, possibilità di sostituire un’attrezzatura o una macchina operatrice per accedere ai benefici del primo step. In sostanza, non è necessario acquistare un mezzo mosso da fonti rinnovabili, ma è sufficiente conseguire una (modesta) riduzione dei consumi, rottamando un trattore Stage I o precedente (dunque ante 1999) per acquistarne uno che rispetta gli standard Stage V. Chi lo fa rientra di diritto, e in modo quasi automatico, nel credito d’imposta al 35%.
L’aspetto interessante è che tra gli investimenti cosiddetti “al traino” è prevista anche l’installazione di impianti fotovoltaici.
Con, in più, un premio aggiuntivo in caso di materiali ad alta efficienza: sostituendo il trattore e abbinandovi il fotovoltaico, si ottiene uno sconto non del 35% ma del 45,5% sul nuovo mezzo, nonché sull’acquisto dei pannelli.
È anche possibile rinnovare macchinari fissi, utilizzati per esempio in caseifici o laboratori aziendali. Con il vincolo di acquistare prodotti realizzati in Europa e con un’efficienza energetica almeno del 21%.
Cer, unico limite la dimensione
Anche dai fondi Pnrr per le Comunità energetiche rinnovabili – di cui si parla diffusamente in questo dossier – arrivano aiuti per installare pannelli fotovoltaici. In questo caso, senza vincoli su luogo di produzione ed efficienza di trasformazione energetica, né necessità di abbinare l’investimento al cambio di una macchina agricola o industriale.
In sostanza, la Comunità energetica rinnovabile (Cer) richiede almeno due soggetti: un produttore e un consumatore. Va da sé che gli uni e gli altri possono essere anche molti di più: si cominciano a intravedere, per esempio, le prime Cer multiregionali o nazionali. Tra produttore e consumatore si attua uno scambio virtuale di energia.
Ne deriva che i soggetti devono appartenere alla stessa cabina primaria di Enel Distribuzione. La mappa delle cabine con relativi territori è visibile sul sito del Gse. I consumatori che aderiscono alla Comunità energetica beneficiano di una tariffa agevolata, mentre i produttori hanno un incentivo di 6 centesimi sul prezzo dell’energia.
Ben più allettante, tuttavia, il rimborso del 40% dell’investimento. Da notare che non si parla di credito d’imposta, dunque di tasse risparmiate nell’arco di cinque o dieci anni, ma di un accredito diretto, in un’unica tranche, una volta verificata la correttezza della procedura. La quale, peraltro, richiede soltanto il via libera al preventivo e l’approvazione da parte del Gse. È stato però fissato un limite alla potenza installabile: 1 megawatt, che si tratti di fotovoltaico, biogas o altre fonti di energia rinnovabile.
Nei tetti delle vecchie stalle
Un grosso problema, in particolare per le aziende con strutture datate, è quello dei tetti ancora lastricati di amianto. Vecchie stalle e capannoni prevedono molto spesso questo tipo di copertura e non tutti sono riusciti ad approfittare delle passate campagne di rimozione.
L’abbinamento tra gli aiuti ancora in essere e l’installazione di pannelli fotovoltaici può però fornire un grosso aiuto all’imprenditore che decida di liberarsi di questo materiale.
«Attualmente sono in vigore i bandi Isi Inail per il miglioramento della salute sui luoghi di lavoro», spiega Luca Faccini, che si occupa di installazioni fotovoltaiche. «Prevedono un contributo a fondo perduto fino al 65%, per un massimo di 130mila euro, per la rimozione delle coperture in amianto».
I bandi si sono chiusi con il maggio 2025, ma è ancora possibile rimuovere l’amianto a costi ridotti abbinandovi il credito d’imposta di Agricoltura 5.0 oppure il contributo per le Comunità energetiche rinnovabili.
«Chi associa bando Inail e contributi per i pannelli rimuove l’amianto a costo praticamente zero. Ma anche in caso di solo impiego dei fondi per il fotovoltaico è possibile ridurre fortemente le spese e installare al tempo stesso una fonte alternativa di energia e di reddito sulle proprie strutture produttive. Una soluzione che molti imprenditori agricoli stanno valutando, tanto è vero che in questi mesi riceviamo richieste di preventivi per installazioni di ogni dimensione. Anche se, generalmente, ci si limita ai 100 kW per non dover realizzare, a fianco dei pannelli, una cabina di media tensione, il cui costo innalza notevolmente l’entità dell’investimento finale».
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