“Un’alleanza contro i caporali” – La Voce di Rovigo


L’8% dei lavoratori agricoli controllati in Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Marche, è risultato in nero, mentre sono stati 97 i casi di caporalato accertati, per un totale di 864 lavoratori sfruttati. Di questi, ben 465 solo in Veneto. Numeri che testimoniano come il caporalato non sia un problema che riguarda terre lontane, ma che interessa anche le nostre campagne, è stato il il colonnello Umberto Geri, comandante del Gruppo carabinieri per la tutela del lavoro di Venezia nel corso dell’incontro promosso dalla Flai Cgil del Veneto e di Rovigo che ha visto venerdì alla casa Sant’Andrea del Seminario vescovile di Rovigo, andare in scena un approfondito e interessante confronto con istituzioni, forze dell’ordine, associazioni, enti del terzo settore e rappresentanti sindacali.

Proprio pochi giorni fa, fra l’altro, la Guardia di finanza ha chiuso un’indagine proprio per l’ipotesi di caporalato nei confronti di due imprenditori originari del Marocco, che attraverso una ditta di trasporto avrebbero reclutato connazionali, 18 braccianti identificati, fra i quali due lavoratori in nero ed un clandestino, approfittando del loro stato di bisogno per impiegarli in condizioni di sfruttamento nei campi di quattro aziende agricole fra Porto Viro, Loreo e Chioggia.

Microcredito

per le aziende

 

“I braccianti vittime di caporalato ci sono, ma restano invisibili. Nascosti nelle pieghe di una filiera agricola che, anche in Polesine, può celare forme di sfruttamento, intermediazione illecita, lavoro nero. Un fenomeno troppo spesso sottovalutato, se non rimosso”, rimarca la Flai.

L’incontro si è proposto di fare il punto sulla situazione locale e promuovere un’azione collettiva contro il caporalato e lo sfruttamento in agricoltura. Un passo importante è stato l’attivazione della Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità, coordinata dalla Prefettura di Rovigo e promossa dall’Inps, con la partecipazione di Inail, Anci, Ater, associazioni datoriali, organizzazioni sindacali e il Centro per l’impiego.

“Una sorta di white list – ha spiegato il prefetto Franca Tancredi – che raccoglie le imprese agricole in possesso dei requisiti di onorabilità e regolarità contributiva. Uno strumento utile anche per concentrare in modo più efficace i controlli”.

Il prefetto ha ricordato inoltre il finanziamento ottenuto dal Comune di Castelguglielmo, grazie al Pnrr, per la riqualificazione di alloggi destinati a contrastare l’abusivismo e migliorare le condizioni abitative dei lavoratori. Anche il Comune di Rovigo aveva ottenuto il finanziamento, ma il progetto poi è naufragato.

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

Contro lo sfruttamento lavora da anni l’associazione NavigaRe, progetto regionale per il contatto, l’emersione e l’assistenza alle potenziali vittime di tratta e caporalato. “Solo attraverso un approccio multiagenzia e multidisciplinare si possono ottenere risultati concreti – ha detto Giuseppina Di Bari, referente del progetto – Serve cooperazione tra tutti gli attori coinvolti”.

Un appello condiviso anche dall’avvocato Giovanni Barbariol dell’Asgi, Associazione per gli Studi Giuridici sull’Immigrazione, che ha sottolineato il ruolo fondamentale della componente legale: “L’avvocatura non va esclusa dai tavoli di lavoro. Possiamo offrire tutela, consulenza giuridica e supporto per superare i limiti di un apparato normativo e burocratico spesso inefficace”.

Durante l’incontro sono intervenuti anche il segretario provinciale della Cgil Alberto Colombo, il segretario regionale della Flai Cgil Giosuè Mattei e il capo dipartimento nazionale per le politiche migratorie e la legalità della Flai, Matteo Bellegoni, che hanno raccontato l’esperienza diretta delle “Brigate del lavoro”, attive in questi giorni nell’ambito della campagna nazionale “Diritti in campo”, che ha visto attivisti e sindacalisti percorrere le campagne polesane per incontrare i lavoratori e informarli sui loro diritti. “Un’azione necessaria – rimarca la Flai – in un contesto in cui molti braccianti, spesso extracomunitari, lavorano senza tutele, senza formazione, senza conoscere la lingua né i loro diritti, vivendo in condizioni precarie, al margine della società”.

Perché, aggiunge ancora la Flai, “la legge 199 del 2016 ha introdotto il reato di caporalato, ma non basta. Anche la legge Bossi-Fini e il decreto flussi mostrano limiti evidenti. Serve un cambio di passo, non è sufficiente intervenire con controlli e repressione: servono politiche economiche e del lavoro che superino la logica del solo profitto e mettano al centro la dignità della persona”.

Per la Flai “è indispensabile costruire un’alleanza di territorio che coinvolga istituzioni, autorità ispettive, forze dell’ordine, associazioni datoriali e parti sociali: solo attraverso una responsabilizzazione collettiva e un lavoro multisettoriale sarà possibile contrastare in modo efficace il caporalato e restituire legalità, dignità e diritti al lavoro agricolo”.





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