Difesa europea, le opportunità per private equity e imprese in un mercato da 600 miliardi


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Bain & Company: la spesa Ue passerà da 375 a 635 miliardi di euro. E il capitale privato potrà svolgere un ruolo chiave, anche in Italia. Ecco i sei ambiti più promettenti

Il conflitto in Ucraina ha segnato una svolta decisiva per la difesa europea. Dopo anni di investimenti ridotti, rafforzare le capacità difensive del continente è diventato infatti una priorità. E ora, con il graduale ritiro strategico degli Stati Uniti dalle crisi internazionali, gli sforzi si stanno concentrando non solo su un aumento della spesa, ma anche sulla sua maggiore efficacia e sulla promozione dell’autonomia industriale del settore. Tutto questo, come emerge dall’analisi di Bain & Company Italia “La Difesa al centro dell’Europa”, ha innescato un’ondata di investimenti e trasformazioni che offrono notevoli opportunità per imprese e investitori. Con il capitale privato che si candida a svolgere, anche in Italia, un ruolo chiave in un mercato che si accinge a crescere da 375 a 635 miliardi di euro.

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I nuovi obiettivi Nato e le inefficienze Ue

Lo scorso 24 e 25 giugno la Nato ha definito un obiettivo decisamente ambizioso: entro il 2035, gli alleati dovranno investire il 5% del Pil nella difesa. Di questo, il 3,5% sarà dedicato alle spese militari dirette e il restante 1,5% a infrastrutture critiche, preparazione civile, innovazione e rafforzamento della base industriale. Un altro punto chiave è poi la cooperazione tra Paesi europei. Attualmente, solo il 18% dei programmi di acquisizione di sistemi e capacità viene condotto in maniera congiunta: l’obiettivo è raggiungere almeno al 35%. “Purtroppo, la scarsa collaborazione attuale porta con sé inefficienze, come la mancanza di economie di scala o investimenti insufficienti in ricerca e sviluppo”, osserva Pierluigi Serlenga, managing partner Italia di Bain & Company e co-leader globale Aerospace & Defense. Che sottolinea come persistano anche ostacoli pratici: strozzature nella catena di fornitura, carenza di materie prime e capacità produttiva limitata.

Da 375 ad oltre 600 miliardi di euro di spesa

Attualmente oltre i due terzi della spesa militare europea va a fornitori statunitensi. Ma Bruxelles punta a invertire la rotta: l’obiettivo è che, entro il 2030, almeno il 50% degli acquisti avvenga internamente, senza però chiudere le porte alla cooperazione transatlantica. A livello numerico, viene evidenziato nel report, il progresso è evidente: nel 2024, ben 13 Paesi europei della Nato hanno raggiunto o superato il 2% del Pil in spesa militare. Alcuni, come la Polonia (4,1%) e la Grecia (3,1%), si collocano ben al di sopra. Anche Regno Unito, Germania, Francia, Danimarca e altri si attestano tra il 2 e il 2,4%. Tuttavia, restano ancora otto Stati, tra cui Italia, Belgio e Spagna, al di sotto del target (tra l’1,3% e l’1,8%). Per raggiungere l’obiettivo del 3,5% del Pil, la spesa complessiva è destinata quindi a crescere significativamente, passando da circa 375 miliardi di euro a 635 miliardi, con un aumento del 70% in termini reali. Già il semplice raggiungimento dell’obiettivo del 2%, precisano i ricercatori Bain, comporterebbe un incremento di spesa di circa 400 miliardi. Un aumento che, rimarca Serlenga, “porterà a maggiori opportunità industriali e tecnologiche nel settore”.

Un mercato in trasformazione

Intanto, il mercato della difesa e dell’aerospazio sta attraversando una fase di profonda trasformazione, aprendo la strada a nuove opportunità di innovazione e rilancio industriale. Tecnologie di frontiera e modelli di business sempre più agili stanno emergendo come catalizzatori del cambiamento. E i cicli di progettazione e produzione si stanno accorciando sensibilmente. Al tempo stesso, cresce la domanda di soluzioni economicamente sostenibili e, soprattutto, tempestive nella consegna. Quest’ultimo aspetto, si legge nel report, è particolarmente critico in un contesto in cui la supply chain è sottoposta a forti pressioni. E la resilienza si configura non solo come una priorità strategica, ma anche come un’esigenza operativa imprescindibile. Una delle criticità più rilevanti è poi la persistente dipendenza da fornitori unici, spesso legata agli elevati costi di qualifica e alla limitata scala produttiva, che rendono difficile diversificare le fonti di approvvigionamento. A rendere ancora più complesso lo scenario, concorrono poi le carenze strutturali di materie prime critiche e di componenti strategici.

I nuovi attori Ue

Secondo Bain, in Europa sta emergendo una nuova generazione di attori innovativi, spesso caratterizzati da un approccio software-first e sostenuti da capitali di rischio. A differenza del contesto Usa, le realtà europee si muovono però in un ambiente più frammentato, con una minore propensione al rischio e una forte dipendenza da programmi di finanziamento pubblico. Nonostante ciò, per gli analisti questi nuovi attori stanno dimostrando una crescente capacità di sviluppare rapidamente soluzioni dual-use, con applicazioni sia civili sia militari. Il contesto attuale apre quindi opportunità lungo due direttrici complementari. Da un lato, il consolidamento degli Oem e Prime Contractor verso la creazione di campioni industriali europei, in linea con gli obiettivi di autonomia strategica. Dall’altro, l’emergere di attori specializzati di nicchia, spesso promossi da singoli Stati per sviluppare capacità tech in aree prioritarie.

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Opportunità dalla razionalizzazione della spesa

Nonostante l’impegno da parte degli Stati membri a incrementare la quota di acquisti congiunti per la difesa, con l’obiettivo di passare dal 18% del 2022 al 35% entro il 2030, la spesa si conferma ancora frammentata. Secondo gli esperti di Bain, questa mancanza di coordinamento e standardizzazione genera esternalità negative rilevanti. Tra le principali criticità, spiccano la perdita di economie di scala, gli investimenti limitati in ricerca e sviluppo e una domanda complessiva debole per l’industria europea. Inoltre, la concorrenza tra Stati membri per l’accesso a fornitori esterni, in particolare negli Usa, contribuisce ad accentuare le inefficienze. In questo contesto, viene dunque sottolineato, “la razionalizzazione della spesa per l’Aerospazio, Difesa e Sicurezza potrebbe rappresentare un’opportunità strategica per nuovi entranti e per le pmi. Una domanda più integrata e prevedibile a livello europeo consentirebbe infatti di colmare gap capacitivo, stimolare l’innovazione su scala sovranazionale e rafforzare la resilienza complessiva della base industriale”.

Il ruolo centrale del private equity

Lo studio analizza anche il cambiamento dovuto al fatto che negli ultimi anni il settore della difesa ha attirato un interesse crescente da parte del capitale privato. I fondi di private equity mostrano infatti un coinvolgimento sempre maggiore, con operazioni che spaziano dal venture capital fino a deal multimiliardari. Dal 2014, il numero di operazioni è aumentato costantemente, con un picco nel 2021 che ha triplicato i livelli di partenza. Questa performance ha superato comparti come servizi professionali, trasporti, energia, acciaio e meccanica. Per Sergio Iardella, senior partner e responsabile italiano private equity di Bain & Company, il capitale privato può svolgere dunque un ruolo chiave nell’evoluzione del settore, accelerando l’innovazione tecnologica, potenziando la capacità produttiva e rendendo più efficienti le catene di fornitura. “In un contesto globale in trasformazione, con budget per la difesa in espansione, sempre più fondi stanno guardando al comparto, attratti da chiare opportunità di exit, trasformazione industriale e da un graduale superamento delle barriere tradizionali”, chiarisce. Aggiungendo che i fondi intravedono potenziale di creazione di valore “sia in player consolidati sia in realtà emergenti e innovative, capaci di introdurre tecnologie di rottura e di generare salti di produttività”.

Il panorama italiano

Passando all’Italia, Bain osserva come il settore Aerospazio e Difesa si presenti fortemente frammentato, con una netta predominanza di attori di medie o piccole dimensioni. Su un totale di 96 imprese analizzate, che non comprende i grandi gruppi internazionali e le loro controllate, il 61% opera prevalentemente nel dominio aereo, seguito dai comparti della difesa (inclusa l’elettronica), nonché dai segmenti spazio, navale e terrestre. La rilevanza strategica del settore è confermata da una forte specializzazione settoriale: oltre due terzi del campione (65 aziende) hanno nell’Aerospazio e Difesa la propria attività core. Tuttavia, la dimensione economica di queste realtà risulta contenuta: 48 aziende registrano un Ebitda inferiore a 5 milioni di euro, mentre solo 22 superano la soglia dei 20 milioni. “Questo quadro delinea un mercato costituito da numerosi operatori specializzati ma di scala limitata, condizione che potrebbe rappresentare un terreno fertile per operazioni di consolidamento industriale o investimenti strategici mirati”, osserva Iardella.

Sei ambiti dove trovare le migliori opportunità

Infine, stando allo studio, sono sei gli ambiti prioritari che offrono opportunità rilevanti. Il primo riguarda il consolidamento verticale finalizzato alla creazione di campioni industriali europei attraverso l’integrazione lungo la filiera, con particolare attenzione a segmenti chiave come la produzione satellitare, la cantieristica navale, i veicoli blindati ed i droni. Un secondo ambito è rappresentato dai fornitori strategici di componentistica ad alto contenuto tecnologico, coinvolti nei principali programmi globali di difesa. Altra area di interesse è quella delle tecnologie abilitanti trasversali, ambito in forte espansione, che comprende laser Lidar, radar avanzati, sensori infrarossi, batterie di nuova generazione e materiali a bassa osservabilità, tutti elementi cruciali per la superiorità tecnologica.

Seguono le aziende attive nella produzione di materiali critici, segmento essenziale per la sicurezza degli approvvigionamenti, che coinvolge imprese specializzate in sostanze chimiche, polveri energetiche e materiali esplosivi, nodali nella catena del valore della difesa. Lo sviluppo software rappresenta un ambito chiave nel quale le opportunità si concentrano nella cybersecurity, applicazioni difensive avanzate e sistemi immersivi basati su realtà virtuale e aumentata. Infine, vi sono opportunità anche nella progettazione e produzione di apparecchiature di supporto come sistemi di comunicazione, equipaggiamenti individuali di protezione e attrezzature operative.

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