“Le nostre imprese devono essere aiutate”


Di fronte a trasformazioni epocali nel comportamento dei consumatori, il settore della moda vive un cambiamento profondo, che intreccia innovazione, contraddizioni e sfide per il futuro. A Modena, come in molte città italiane, il commercio al dettaglio dell’abbigliamento è sotto pressione. Secondo i dati presentati da Confesercenti Modena, dal 2014 al 2024 il settore ha registrato un calo superiore al 30%,- per esattezza da 1204 imprese a 837- una contrazione ben più accentuata rispetto alla media nazionale.

Le cause sono molteplici e sono state efficacemente illustrate dagli esperti presenti alla conferenza dei Confesercenti di Modena: la diffusione dell’e-commerce, la crisi pandemica, l’inflazione che ha raggiunto una percentuale del 9,7 su calzature e abbigliamento, ma anche una mutazione profonda nelle abitudini d’acquisto, specialmente tra i giovani.

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La docente Elisa Martinelli, studiosa di marketing e consumi presso l’università di Modena e Reggio Emilia, ha illustrato come la digitalizzazione abbia modificato radicalmente i meccanismi di scelta dei prodotti, portando a fenomeni come lo “shopping social” da un lato, in cui è stato ampiamente diffuso il Fast Fashion e l’Ultra Fast Fashion, per un valore del mercato online che passerà da 16,48 miliardi di euro del 2023 a 36,31 miliardi nel 2029, e dall’altro la personalizzazione dei capi e dei prodotti o il ricorso sempre più frequente a piattaforme di second hand come Vinted, o persino il fashion renting.

A ciò si aggiunge l’enorme impatto dell’influencer marketing e dei fenomeni di “haul” – video virali in cui si mostrano grandi quantità di capi acquistati – che alimentano la logica dell’ultra fast fashion: collezioni lampo, prezzi bassissimi e un ciclo di consumo sempre più rapido e superficiale. Ed è qui che emerge una delle contraddizioni più forti: “i giovani sono al contempo i più attratti dalla moda sostenibile, ma anche i principali consumatori del fast fashion online”. “Un’incoerenza che deve far riflettere”, commenta Martinelli, “perché evidenzia una mancata educazione al consumo consapevole”.

L’attenzione ai capi eco-friendly cresce, ma non sempre si traduce in scelte coerenti, travolta dall’offerta immediata e accattivante del mercato digitale. Secondo Marco Poggi, responsabile politiche associative di Confesercenti Modena, si apre il problema più sensibile, che è quello territoriale: intere zone del territorio, in particolare a Carpi, Sassuolo e Formigine, hanno visto sparire i negozi di abbigliamento, la Provincia ha perso 111 attività. “Questo impoverisce la vita sociale dei quartieri, trasforma le città in non-luoghi e rende sempre più difficile fare acquisti sotto casa, soprattutto per le fasce più deboli della popolazione”.

La Direttrice Provinciale di Confesercenti Modena, Marvj Rosselli, sottolinea come non si possa demonizzare il commercio online, ma sia necessario garantire regole comuni per tutti: “Oggi non si gioca ad armi pari. Chi vende in rete spesso è esente da regole fiscali, normative sulla sicurezza dei prodotti e limiti sulle promozioni, a differenza dei negozi fisici. Vogliamo un mercato libero, ma equo”.

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La strada non è solo la difesa, ma anche l’adattamento intelligente. “Serve integrare i canali online e offline, sfruttando il digitale come strumento di comunicazione e relazione, non come nemico”, è l’appello di Confesercenti. Accanto a questo, serve una strategia pubblica per il sostegno del commercio locale, che oggi più che mai è presidio di identità e socialità.

“Non possiamo restare immobili – conclude Giulio Po, Presidente Provinciale FISMO Modena –. Dobbiamo immaginare un nuovo equilibrio per il nostro commercio, puntando su formazione, innovazione e soprattutto educazione al consumo consapevole, anche a partire dalle scuole. Perché ogni scelta d’acquisto è anche una scelta culturale”.



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