La moda si gioca il futuro: “Imprese a rischio collasso. Prezzi alti per l’Italia, export in difficoltà”


FERMO – Non facile questo inizio 2025 per le imprese di Confindustria Accessori Moda, la Federazione che rappresenta circa 10.000 imprese dei settori calzaturiero, pelletteria, concia, pellicceria e abbigliamento in pelle.

La conferma arriva dalla 1ª indagine congiunturale, che fotografa l’andamento del comparto nel primo bimestre dell’anno. I dati confermano il perdurare delle criticità che hanno caratterizzato tutto il 2024, chiuso con un fatturato complessivo di filiera pari a circa 30 miliardi di euro.

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Il trend negativo si estende anche all’inizio del 2025, con una flessione del -6,4% del fatturato nel primo trimestre rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, a conferma di un rallentamento trasversale in tutti i comparti produttivi. A preoccupare ulteriormente è l’indice della produzione industriale, che nei primi quattro mesi segna un calo marcato delle attività: -16,4% rispetto allo stesso periodo del 2024. Primo effetto, 13 milioni di pre di cassa integrazione, il 66% in più del primo trimestre del 2024.

L’export nei primi mesi del 2025 arretra del -6,5% su base annua, attestandosi a 4,2 miliardi di euro. Il dato, di per sé negativo, va però valutato in rapporto all’export (totale anno) del 2024 sul 2019, anno pre-covid: in questo caso si evidenzia una crescita del 3% (25,1 mld euro nel 2024, 24,3 mld euro nel 2019) che conferma l’apprezzamento che i consumatori di tutto il mondo hanno per il Made in Italy.

Resistere è il must, tenendo conto però che il saldo commerciale del comparto, sebbene in attivo per 2,2 miliardi di euro, ha registrato una flessione a doppia cifra (-16,7%) rispetto al 2024: “Questo induce a una riflessione legata al prezzo dei prodotti Made in Italy sul mercato, troppo costosi per il potere d’acquisto attuale delle famiglie italiane”.

A livello geografico, l’export verso l’Unione Europea resta stabile (-0,3%). Resiste al momento anche il mercato statunitense (-1,2%), pur segnalando difficoltà legate all’introduzione dei nuovi dazi della seconda amministrazione Trump. Più netta la frenata in Cina (-30,5%) e Hong Kong (-20,4%); segnali positivi arrivano invece da Emirati Arabi (+11,4%), Turchia (+23,5%), Kazakistan (+10,4%) e Ucraina (+0,5%).

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Le prospettive non parlano di segnali di ripresa. Il sentiment delle imprese resta improntato alla cautela: il 52% degli intervistati prevede per i prossimi sei mesi condizioni stabili ma insoddisfacenti, mentre un’impresa su due teme un’ulteriore riduzione dei ricavi; sul fronte occupazionale, 7 aziende su 10 stimano una tenuta dell’organico, il 28% prevede una contrazione, mentre solo il 10% ipotizza un incremento; il 39% delle imprese prevede di ricorrere alla cig anche nel secondo trimestre. 

Pesano i conflitti geopolitici: Russia-Ucraina e Medio Oriente, citati complessivamente dal 28% delle aziende. Non meno rilevante la preoccupazione legata alla crisi dei grandi marchi del lusso e ai nuovi dazi USA, indicata dal 40% del campione.

“Accanto alle difficoltà legate al calo della domanda, alle tensioni geopolitiche e al rallentamento dell’export, le aziende devono confrontarsi anche con sfide strategiche di lungo periodo, a partire dalla sostenibilità. I consumatori sono sempre più attenti a questo aspetto nelle loro scelte d’acquisto e, se per il 56% delle imprese del settore la sostenibilità rappresenta una priorità assoluta, il 38% prevede che l’attenzione su questi temi crescerà ulteriormente nei prossimi mesi” commenta Giovanna Ceolini, presidente di Confindustria Accessori Moda.

“Servono investimenti significativi, risorse che oggi molte PMI faticano a reperire. La situazione è difficile: si rischia il collasso di un intero comparto, composto da migliaia di piccole e medie imprese, artigiani, professionisti e centinaia di migliaia di lavoratori”.

Servono aioni mirate e immediate, questo l’appello al governo Meloni: “Chiediamo l’apertura urgente di un Tavolo congiunto tra aziende produttive e brand, per costruire insieme un futuro sostenibile per la filiera produttiva del made in Italy, visto che sono le nostre aziende che in molti casi producono gli accessori apprezzati dai consumatori di tutto il mondo e firmati da marchi internazionali”.

Le richieste, a cuij servono riposte rapide, sono note: “Il credito d’imposta per i campionari 2015-2019, il sostegno all’internazionalizzazione e all’accesso al credito, la proroga degli strumenti anticrisi, inclusa la cig, e l’implementazione di una nuova politica industriale capace di accompagnare le imprese verso innovazione e sostenibilità. Il tempo è una variabile decisiva: ogni mese che passa senza risposte rappresenta un passo indietro per l’intero sistema moda italiano” la chiosa della presidente Ceolini.

@raffaelevitali





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