Cosa sta succedendo al Cnr, il centro di eccellenza che garantisce la ricerca scientifica all’Italia


Dal 27 maggio il Consiglio Nazionale di Ricerca è senza guida e senza legale rappresentante. Questo significa che l’ente pubblico che garantisce l’avanzamento scientifico al nostro Paese, in coordinamento con tutte le Università, e che dà supporto alle amministrazioni centrali dello Stato e alle imprese, è bloccato in una miriade di attività in essere o in via di attivazione. I ricercatori sono preoccupati e hanno cominciato a pubblicare appelli rivolti al ministero, complice probabilmente un clima di ristrettezze e difficoltà per la comunità scientifica globale.

I vertici scaduti

La presidente Maria Chiara Carrozza ha esaurito il suo mandato quadriennale, proroga compresa. Il mandato del Direttore Generale, come da Statuto, è legato a quello del presidente, ed è quindi scaduto anche lui. La ministra dell’Università e della Ricerca, Anna Maria Bernini, ha interpretato lo statuto prorogando il direttore generale Giuseppe Colpani. Lo ha definito “custode” dell’ente. Secondo il ministero è da considerare prorogato automaticamente di 90 giorni (qualcuno ha sollevato dubbi di legittimità per la reggenza del dg perché lo statuto dell’ente prevede all’art. 11 che “il contratto si risolve decorsi novanta giorni” dopo quello del presidente solo in caso di “cessazione” della presidenza, cioè per una chiusura anticipata dell’incarico. E non è questo il caso).

La tua casa è in procedura esecutiva?

sospendi la procedura con la legge sul sovraindebitamento

 

Scaduti da marzo anche altri 3 membri del CdA (nominati dal ministero dell’Università e della Ricerca dietro indicazione: uno di Confindustria, uno della Conferenza Stato-Regioni, uno dalla Conferenza dei Rettori delle Università italiane). L’unico ancora in carica, ma senza di fatto poter essere operativo per mancanza di numero legale, è il membro eletto dal personale. 

Fermo ⅓ circa dei fondi 

Il CNR ha 102 anni di vita, oltre 1 miliardo di budget annuale che si compone per circa ⅔ da entrate statali ordinarie (quelle che coprono anche gli stipendi dei circa 9mila dipendenti, di cui 6.500 ricercatori e tecnologi) e per circa ⅓ da entrate proprie derivanti da bandi e accordi con altri enti nazionali e internazionali. È quest’ultima parte che di fatto è bloccata da circa 6 mesi perché ogni variazione di bilancio, come quelle derivanti da risorse aggiuntive (ad es, tutti i fondi di nuovi progetti vinti dal CNR), deve essere approvata dal CdA. 

Oggi l’ente non può spendere gli oltre 130 milioni di residui che ha in cassa, non può attingere ai 90 milioni in avanzo dal bilancio dell’anno scorso, e non può rinnovare i contratti ai circa 4mila precari impegnati nella ricerca, e tiene al palo anche progetti PNRR.

Vuoi bloccare la procedura esecutiva?

richiedi il saldo e stralcio

 

Lo stallo e le ipotesi di un nuovo assetto

Ad oggi non sono chiare le ragioni per le quali la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini non abbia provveduto al ricambio dei vertici la cui scadenza era ovviamente nota da quattro anni. “La ministra si è mostrata sempre competente e autenticamente rispettosa delle attività del CNR”, dice a RaiNews.it Emilio Campana, direttore al Cnr del Dipartimento Ingegneria, ICT e tecnologie per l’energia e i trasporti. “Tuttavia, oggi, le risorse aggiuntive arrivate da dicembre sono bloccate, abbiamo soldi “in pancia” che non possiamo distribuire, risorse arrivate anche dall’Unione Europea”, spiega Campana. “Il rischio è di perdere anche alcuni fondi per l’impossibilità di spendere, oltre a perdere credibilità rispetto alle istituzioni internazionali con le quali collaboriamo”. Dunque non solo un problema pratico e urgente, ma anche un danno di immagine con le centinaia di enti e università con le quali il Cnr collabora in tutto il mondo.  

Per fare un esempio pratico tra molti possibili, il grande tema dei semiconduttori essenziali per la competitività dei paesi europei, come segnalato anche nel rapporto di Draghi per “salvare l’Europa”. Nel Chips Act 2.0, sul quale la Commissione Europea si è impegnata a lavorare con l’obiettivo di adottarlo entro il 2026, ci sono una azioni concrete per rendere più competitive le imprese del settore, a partire dai grandi player industriali europei come la multinazionale italo-francese STMicroelectronics e l’olandese ASML. Parliamo di quell’alleanza che il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha definito “l’Alleanza europea per i Chip”. L’obiettivo comune è di riportare capacità produttiva nelle rispettive giurisdizioni, dopo decenni di crescente dipendenza dalla “fabbrica” asiatica, cioè Giappone, Corea, Taiwan, Cina. Per l’Unione il distacco è cresciuto anche nella capacità progettuale, ancora prevalentemente in mano agli Stati Uniti. Bene, la cosiddetta “linea pilota” di questo progetto è ferma al Cnr perché tra poco dovrebbe arrivare un anticipo fondi europei e non potrà essere di fatto incassato e redistribuito per mettere a terra la costruzione della pilot line italiana (a Catania), proprio a causa di un CdA bloccato

In Parlamento la ministra Bernini ha parlato di “angoli bui” nel bilancio, ma i revisori dei conti, di nomina del ministero dell’Economia, hanno già assicurato che il bilancio è in ordine, limitandosi a delle osservazioni circa la raccolta dei dati per il bilancio. Bernini ha sottolineato anche che la nomina di un nuovo presidente richiede una scelta ben ponderata, vista l’importanza dell’ente e il suo ruolo nella realizzazione del Pnrr, con ben undici miliardi di finanziamenti da impegnare e rendicontare. Ma nessuna scelta è possibile se la ministra non avvia la selezione per individuare i candidati.

Inoltre, al momento non è possibile provvedere al rinnovo dei direttori degli Istituti di Ricerca del CNR arrivati a fine mandato. Gli istituti sono in tutto 88 e due direttori scadranno al 30 giugno. Non si possono emanare nuovi bandi così come provvedere a chiamate dirette di ricercatori per chiara fama per progetti specifici.  “Senza un rappresentanza legale – spiega ancora il direttore – non è nemmeno possibile procedere nella nomina dei comitati guida degli accordi nazionali e internazionali, ne delegare un rappresentante CNR nelle assemblee delle fondazioni e consorzi in cui il CNR è presente”. 

Sono circolate anche ipotesi su possibili frazionamenti dell’ente, che alcuni detrattori definiscono “elefantiaco”. Eppure i dati parlano chiaro: gli enti scientifici nazionali di ricerca nei principali Paesi europei sono ben più grandi e hanno il doppio o il triplo del personale rispetto al Cnr. “Se pensiamo alla Germania, lì negli enti pubblici di ricerca come il Max-Planck, lavorano 40mila ricercatori. In Francia, al CNRS sono 28mila. Ma nonostante un numero ridotto di scienziati e tecnologi, le ricerche ci mostrano che la qualità della ricerca in Italia è a livelli pari rispetto ad altri grandi Paesi”, precisa Campana.

Gli appelli alla ministra di moltiplicano e diverse testate cominciano a parlare dell’urgenza di risolvere la situazione, anche grazie agli allarmi dei ricercatori sempre più preoccupati. Se è vero, come è vero, che uno Stato moderno ha bisogno di scienza, è fondamentale che il più importante ente per la ricerca scientifica del nostro Paese torni a lavorare a pieno regime. 
Basterebbe che la ministra scegliesse intanto 2 dei 3 membri del CdA tra la rosa di alti profili proposti, in modo da avere il numero legale sufficiente per nominare almeno un vicepresidente, che potrebbe svolgere il ruolo di legale rappresentante: basterebbe questo per mandare avanti i progetti.
 



Source link

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link

Finanziamenti personali e aziendali

Prestiti immediati