Panetta: ‘Allarme dazi per il Pil, l’Ue non resti ferma’ – Aziende


L’ombra dei dazi, col commercio globale che da volano di benessere rischia di diventare “fonte di divisione” mettendo “a repentaglio la pace”. Il dollaro messo in dubbio come architrave degli “equilibri che hanno sorretto l’economia globale negli ultimi decenni” e che ora sono in “crisi profonda”. E’ lo sfondo tratteggiato dal governatore Fabio Panetta che chiama all’azione l’Ue, “baluardo dello Stato di diritto” che “non può restare ferma” e “deve avere la capacità di superare i particolarismi nazionali”.

L’Italia, che pure dà segni di vitalità economica e incassa giudizi positivi sul rating: il governo deve proseguire sul risanamento dei conti che è “solo all’inizio”, intervenire con urgenza sul costo dell’energia e sui salari fermi al 2000. I rischi globali assorbono una parte consistente delle considerazioni finali del governatore. Parole di peso se pronunciate da una delle posizioni ‘chiave’ nel G7. La corsa ai dazi innescata da Trump crea incertezza e sta “incrinando la fiducia a livello internazionale” su cui si basava il benessere. “Potrebbe sottrarre quasi un punto percentuale alla crescita mondiale” in due anni e sta “spingendo l’economia globale su una traiettoria pericolosa”, mettendo a rischio già oggi il 5% del commercio globale.

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Non solo: la caduta del dollaro e dei treasury americani innescata il 2 aprile, nonostante le correzioni all’approccio di Trump sui dazi, “è rimasta invariata”, osserva il governatore. Ciò solleva “interrogativi sull’assetto futuro del sistema monetario internazionale” e sul dollaro “come valuta di riserva e di denominazione degli scambi commerciali”. Più nell’immediato, ci sarà un percorso per la Bce sui tassi “tutt’altro che semplice” dove però Panetta chiede “un approccio pragmatico e flessibile” visto che i timori passati sulla discesa dell’inflazione “si sono rivelati infondati”.

Per l’Italia, i “segni di una ritrovata vitalità economica” sottolineati da Panetta fanno perno su una posizione patrimoniale verso l’estero che 15 anni fa era negativa per 20 punti percentuali di Pil, oggi è positiva per 15. Il richiamo ai salari reali cresciuti “molto meno che negli altri principali Paesi europei” è un appello alle imprese a rilanciare la produttività con l’innovazione. Le parole sull’invecchiamento della popolazione e bassa natalità, a danno della crescita, ricordano che “l’immigrazione regolare può fornire un apporto rilevante”. E poi c’è da “mantenere una politica di bilancio prudente e intensificare” le riforme per la crescita. Nelle pieghe della relazione annuale, Bankitalia parla di “sfide rilevanti per l’Italia” dai dazi: oltre il 40% delle aziende che esportano negli Usa “non adotterebbe strategie specifiche di risposta”. E nel caso di una frammentazione del commercio mondiale in blocchi, il venir meno degli approvvigionamenti dalla Cina, secondo mercati di import dall’Italia che fornisce input critici al 17% delle imprese, sarebbe “una fonte di rischio rilevante”. Uno sfondo tratteggiato con nettezza che, nelle 31 pagine delle considerazioni, anticipa ogni altra valutazione sull’Europa e l’Italia. Con un implicito ‘caveat’: sul risiko bancario italiano, dove la politica è tornata ad essere attore diretto e ora è coinvolto anche il Tar, da Panetta non arrivano valutazioni di merito, le fusioni devono creare valore e decidono “le dinamiche di mercato e le scelte degli azionisti”. La vigilanza di Bankitalia e Bce guarda agli aspetti prudenziali, implicito riferimento al fatto che sugli aspetti concorrenziali del golden power la palla è nel campo di Bruxelles. Un cenno alla direzione futura del credito e del risparmio è però nell’osservazione di Panetta che, per stare al passo con la sfida della competitività, “è urgente completare la costruzione di un mercato dei capitali europeo pienamente integrato” e non costretto da steccati nazionali. E mettergli accanto “un titolo pubblico europeo”.

 

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