Credito d’imposta estero: niente decadenza senza indicazione


La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 10642 depositata il 23 aprile 2025, ha segnato una svolta significativa nel diritto tributario relativo ai crediti d’imposta per imposte pagate all’estero. La decisione elimina definitivamente il rischio di decadenza per i contribuenti che non indicano tempestivamente il credito nella dichiarazione dei redditi dell’anno di competenza, stabilendo che tale diritto può essere esercitato entro il termine ordinario di prescrizione decennale.

Questa pronuncia non solo tutela i contribuenti che hanno prodotto redditi all’estero, ma rafforza anche il principio del divieto di doppia imposizione sancito dalle convenzioni internazionali, dimostrando come gli obblighi internazionali dell’Italia prevalgano sui formalismi procedurali interni.

Il caso concreto: credito per imposte pagate all’estero non indicato

La vicenda giudiziaria che ha portato a questa importante pronuncia presenta caratteristiche molto comuni nella pratica fiscale. Un contribuente aveva prodotto redditi all’estero negli anni 2009, 2010, 2011 e 2013, ma aveva utilizzato tutto il credito d’imposta maturato solo nella dichiarazione dei redditi del 2014. Questa scelta, apparentemente tardiva, aveva scatenato la reazione dell’Agenzia delle Entrate.

L’Amministrazione finanziaria aveva interpretato rigidamente l’articolo 165 del TUIR, ritenendo che l’omessa indicazione del credito nella dichiarazione di competenza comportasse automaticamente la decadenza dal diritto alla detrazione. Conseguentemente, aveva proceduto con la liquidazione della dichiarazione ex articolo 36-bis del DPR n. 600/73 ed emesso una cartella di pagamento per l’intero importo del credito non riconosciuto, maggiorato di sanzioni amministrative e interessi.

Il percorso giudiziario aveva mostrato inizialmente orientamenti contrastanti. Il giudice di primo grado aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, confermando la decadenza e quindi la legittimità della cartella di pagamento. Tuttavia, in appello, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia aveva ribaltato la decisione, riconoscendo il diritto del contribuente a utilizzare il credito anche in via tardiva.

La disciplina dell’articolo 165 del TUIR: tra forma e sostanza

Per comprendere appieno la portata della decisione della Cassazione, bisogna analizzare la struttura normativa dell’articolo 165 del TUIR. Questa disposizione regola il meccanismo del credito d’imposta per le imposte pagate all’estero, stabilendo tre condizioni fondamentali per il suo riconoscimento:

  • Il conseguimento di un reddito prodotto all’estero;
  • Il concorso di tale reddito alla formazione del reddito complessivo in Italia;
  • Aver effettuato il pagamento definitivo di imposte estere aventi natura di imposte sul reddito.

Il comma 4 dell’articolo 165 stabilisce che la detrazione deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo in cui appartiene il reddito prodotto all’estero, purché il pagamento definitivo avvenga prima della presentazione della dichiarazione stessa. Questa formulazione aveva generato interpretazioni divergenti sulla natura di tale previsione.

L’Agenzia delle Entrate aveva sempre sostenuto che si trattasse di un termine perentorio, la cui violazione comportava automaticamente la decadenza dal diritto. Questa lettura si basava anche sul comma 8 dello stesso articolo, che nega il diritto alla detrazione in caso di omessa presentazione della dichiarazione o di omessa indicazione dei redditi prodotti all’estero.

La Cassazione ha invece chiarito che l’articolo 165 non impone un obbligo di indicazione specifica del credito d’imposta, ma richiede semplicemente che il credito spettante sia calcolato con riferimento alle risultanze reddituali dell’anno in cui è sorto. Si tratta di una distinzione fondamentale che separa gli aspetti sostanziali da quelli meramente procedurali.

Il precedente normativo e l’evoluzione legislativa

La pronuncia della Cassazione acquista particolare significato se confrontata con la disciplina previgente. Il vecchio articolo 15 del TUIR conteneva infatti una previsione esplicita di decadenza, stabilendo che “la detrazione deve essere richiesta, a pena di decadenza, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo“.

Questa clausola di decadenza è stata volutamente eliminata con il passaggio al nuovo TUIR, quando l’articolo 15 è stato trasfuso nell’attuale articolo 165. L’abrogazione di tale previsione non può essere considerata casuale, ma rappresenta una scelta legislativa precisa volta a rendere meno rigida la disciplina del credito d’imposta estero.

La Corte di Cassazione ha valorizzato questo dato storico-normativo, sottolineando come l’assenza di una specifica previsione di decadenza nell’attuale formulazione dell’articolo 165 confermi la possibilità di recuperare il credito entro il termine ordinario di prescrizione decennale previsto dall’articolo 2946 del codice civile.

Gli obblighi internazionali e il principio di non discriminazione

Un aspetto cruciale della decisione riguarda il richiamo agli “obblighi internazionali incondizionati” assunti dallo Stato. Sebbene l’ordinanza non sviluppi organicamente questo tema, il riferimento si collega chiaramente alle convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia.

Questi accordi internazionali impongono agli Stati contraenti di eliminare la doppia imposizione attraverso vari meccanismi, tra cui proprio il riconoscimento di crediti d’imposta per le imposte pagate nell’altro Stato contraente. Si tratta di obblighi che nascono dal diritto internazionale e che vincolano l’Italia nei rapporti con gli altri Paesi.

La Cassazione ha chiarito che tali obblighi internazionali prevalgono sui formalismi procedurali interni. In altre parole, quando esistono convenzioni internazionali che garantiscono l’eliminazione della doppia imposizione, i vincoli procedurali del diritto interno non possono vanificare tali diritti sostanziali.

Questo approccio si inserisce in un orientamento giurisprudenziale più ampio che sta emergendo sia nella giurisprudenza di merito che in quella di legittimità. Il comune denominatore è il riconoscimento della natura sostanzialmente incondizionata del diritto alla detrazione dell’imposta estera quando esistono convenzioni contro le doppie imposizioni tra l’Italia e lo Stato estero di produzione del reddito.

I precedenti giurisprudenziali: verso un orientamento consolidato

L’ordinanza 10642/2025 non rappresenta un caso isolato, ma si inserisce in una linea interpretativa che la stessa Cassazione ha iniziato a delineare con decisioni precedenti. In particolare, la Corte richiama le sentenze n. 28801/2024 e n. 24205/2024, che avevano già affrontato tematiche analoghe.

Questi precedenti avevano stabilito che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi in Italia o l’omessa indicazione del reddito estero non possono operare come causa di decadenza dalla fruizione della detrazione d’imposta ex articolo 165 del TUIR. Il principio era stato affermato nonostante l’apparente contrasto con il comma 8 dell’articolo 165, proprio perché manca nella norma una esplicita comminatoria di decadenza.

La continuità giurisprudenziale rafforza la certezza del diritto e fornisce agli operatori del settore parametri interpretativi stabili. Non si tratta più di decisioni occasionali, ma di un orientamento nomofilattico consolidato che la Cassazione ha sviluppato attraverso pronunce successive e coerenti.

Particolarmente significativo è anche il richiamo alla sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia n. 1409/14/24 del 15 maggio 2024, che aveva già anticipato alcuni dei principi poi confermati dalla Cassazione. Questo dimostra come l’orientamento favorevole ai contribuenti si stia diffondendo anche nella giurisprudenza di merito.

Implicazioni pratiche per i contribuenti

La decisione della Cassazione ha immediate ripercussioni pratiche per tutti i contribuenti che hanno prodotto redditi all’estero. In primo luogo, elimina il rischio di decadenza per coloro che non hanno tempestivamente indicato il credito d’imposta nella dichiarazione di competenza.

I contribuenti che si trovano in situazioni analoghe a quella del caso deciso possono ora rivendicare il proprio diritto al credito d’imposta entro il termine di prescrizione decennale. Questo significa che, anche se sono trascorsi diversi anni dalla produzione del reddito estero, il diritto alla detrazione rimane esercitabile purché non sia decorso il termine di dieci anni.

Dal punto di vista procedurale, i contribuenti possono utilizzare il credito d’imposta maturato negli anni precedenti compensandolo con le imposte dovute negli anni successivi. È importante però che il calcolo del credito sia effettuato correttamente, utilizzando i parametri reddituali dell’anno in cui il credito è effettivamente maturato.

Per i contenziosi in corso, la pronuncia della Cassazione fornisce un precedente autorevole che può essere utilizzato per sostenere le ragioni dei contribuenti. Anche per i rapporti ancora nei termini per l’accertamento, l’orientamento della Cassazione dovrebbe indurre l’Agenzia delle Entrate a rivedere le proprie posizioni interpretative. Tuttavia, questo aspetto andrà sicuramente monitorato nel tempo.

Prospettive future

L’Amministrazione finanziaria dovrà necessariamente adeguare le proprie prassi interpretative a questo nuovo scenario. È auspicabile che l’Agenzia delle Entrate emani chiarimenti ufficiali per fornire agli operatori indicazioni operative coerenti con l’orientamento della Cassazione.

Dal punto di vista della certezza del diritto, la pronuncia contribuisce a stabilizzare un settore caratterizzato in passato da significative incertezze interpretative. La decisione potrebbe anche stimolare una riflessione più ampia sulla necessità di semplificare e armonizzare le procedure relative alla fiscalità internazionale, eliminando gli ostacoli burocratici che possono compromettere l’esercizio di diritti sostanziali garantiti dalle convenzioni internazionali.

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